Affinchè tutto cambi..

«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi»

Non pensiamo ci sia citazione migliore di questa, tratta dal celebre film di Luchino Visconti ‘Il Gattopardo’, per provare a tratteggiare meglio quale eredità ci hanno lasciato queste ultime elezioni amministrative.

Partiamo dalla fine: Muzzarelli ha stravinto questa tornata elettorale. Non è un caso che abbiamo riportato il nome del candidato e non la sigla che identifica il partito di provenienza. Il candidato è il partito.

Solo intorno a questo nome gli stakeholder modenesi hanno potuto trovare una conferma di continuità e una fiducia rispetto all’avanzata di un ‘nuovo soggetto politico’. Associazioni di volontariato, la cosiddetta ‘Modena solidale’, le grandi imprese del territorio insieme a quel colosso economico rappresentato dalle cooperative hanno garantito a quel mitile politico di poter determinare ancora il buono e il cattivo tempo nel Comune di Modena.  Il Partito Democratico, conscio del baratro in cui il suo consenso è precipitato, ha immediatamente fatto leva sull’unico aspetto in grado di smuovere le coscienze cittadine, la stanca retorica della città Medaglia D’Oro per la Resistenza da opporre all’avanzata del fascismo. Occorreva frenare a tutti i costi l’assalto fascio-leghista alla nostra città, mobilitando tutti gli attori in campo: mondo cattolico, associazioni di volontariato, pensionati a cui il partito garantisce attività di tempo libero… insomma, proprio tutti.

Tentativo riuscito. Al primo turno il Partito, in coalizione con Modena Solidale, Più Europa, Sinistra per Modena e i ‘Verdini’, ha strappato l’ottimo risultato di 53,42%, garantendosi così la vittoria al primo turno.

Il povero Prampolini, noto avvocato modenese e candidato a sindaco della Lega di Salvini, torna nel suo studio pronto a dar battaglia in consiglio comunale. Il 23% è un dato da non trascurare ma crediamo insufficiente per immaginare scenari ben più complessi al momento. Non crediamo neanche che questa percentuale incarni un nuovo soggetto votante, semmai indica una fascia sociale di calibro medio-alto che se fino a pochi anni fa votava a targhe alterne Pd e Forza Italia, oggi trova nella Lega il suo voto utile. Niente a che vedere con un’avanzata fascista a Modena insomma. Teniamo a ricordare che tra gli eletti e le elette nelle fila leghiste  sarà presente anche Beatrice Di Maio, figlia del Capitano di Terra dei Padri (non è dato sapere se la scelta di ‘scendere in campo’ sia precedente o successiva all’incontro con Povia). Aggiungiamo per dovere di cronaca la lieta novella dell’esclusione di Valentina Mazzacurati e Montanini, per i prossimi cinque anni, dagli scranni di Piazza Grande.

Che dire poi del povero zombie che a malincuore e con scarsa voglia si è presentato alle ultime elezioni modenesi, il Movimento 5 stelle. Quello che era riuscito a mettere in crisi il ‘Sistema Modena’ nel lontano 2014 con un movimento fresco di una pura spinta votata al cambiamento, arrivando persino al ballottaggio (cosa mai accaduta prima di allora), negli ultimi anni ha deciso di disintegrarsi con le sue stesse mani sia a livello locale che nazionale. Non è certo un caso che il candidato Rebecchi, scelto dai precedenti consiglieri comunali (a scadenza di mandato non rinnovabile, per loro stessa decisione) del Movimento, sia stato glissato da un whatsapp del ‘leader nazionale’ e sostituito da una macchietta poco conosciuta se non per le sue precedenti simpatie leghiste e i suoi coinvolgimenti in cosiddette ‘passeggiate per la sicurezza’ in un comitato che, su viale Gramsci, portava critiche al Pd per poi stringere le stesse mani di Muzzarelli quando c’era da parlare di sicurezza (segno di come Pd e destrume vario siano in sintonia perfetta, al di là dei proclami da social network).

Sinistra non pervenuta. Nonostante gli sforzi e l’impegno della candidata sindaca di Modena Volta Pagina, presente durante una carica della polizia sui lavoratori e sulle lavoratrici di Italpizza (mentre i padri fondatori con precedenti importanti incarichi in Legacoop ed in Regione erano assenti), questa lista civica non riesce a superare la soglia utile a poter entrare in Consiglio comunale, segnale di quanto un discreto lavoro politico sia purtroppo insufficiente se non abbinato (volenti o nolenti) a un concreto lavoro di ricomposizione sociale e conflittuale, serio e non da ceto politico, rispetto ai grandi aperti dalla contraddizione contemporanea.

Cosa ci lasciano queste elezioni? Un Consiglio comunale in cui PD e Lega sono in sostanziale parità numerica, in cui le opposizioni non esistono e che, a giudicare dalla nuova giunta recentemente annunciata da Muzzarelli, la stessa falsa riga reazionaria, repressiva e discriminatoria, già assaggiata nell’ultima consiliatura passerà le votazioni senza alcuna difficoltà.

Un Consiglio comunale in sostanziale armonia, quantomeno sui temi caldi quali sicurezza, ambiente e collusione politico-economico con le grandi ‘eccellenze’ del nostro territorio. Sarà molto interessante leggere i primi resoconti e le prime interrogazioni che verranno presentate nel palazzo di Piazza Grande.

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Un ordalia politica che riesce a tenere insieme giovani rampanti come Bosi con delega al decoro urbano, Anna Maria Vandelli ( la Maria Antonietta ‘denoaltri’, colei che di fronte a famiglie in emergenza abitativa aveva giustificato il proprio operato con frasi come: «se faceste meno  figli vivreste meglio»). Continuando a leggere la lista dei nuovi assessori  troviamo la mitica Alessandra Filippi, colei che dopo anni dentro a Legambiente e le innumerevoli battaglie  in difesa dell’ambiente ha preso la via dell’impegno politico istituzionale riuscendo a non proferire mai parola sui casi di Vaciglio e della Bretella, solo per citarne alcuni. Stendiamo poi un velo pietoso sui Verdi modenesi, riformisti di provincia in grado addirittura di affermare, per legittimare il proprio appoggio a Muzzarelli, che dentro a quella coalizione loro avranno la forza di rappresentare il cambiamento, in cambio di qualche poltrona ovviamente. Non gliene facciamo una colpa d’altronde, in questa città il massimo livello conflittuale sui temi ambientali è stato raggiunto quando, dopo mesi di mobilitazione che ha coinvolto tantissime persone e partiti.. si decise di spostare il tracciato del TAV da Sud a Nord della città, perché va bene esserci e contestare ma non sia mai che si metta in discussione un modello di sviluppo economico. Rimaniamo speranzosi che i No Bretella imparino dagli errori dei precedenti comitati e aprano un cammino nel solco del cambiamento reale (cambiamento che si attua solo ed esclusivamente tramite lo scontro, come possiamo apprendere da comunità come quella valsusina)

Ci sarebbero tante cose da dire e il gioco del prendere citazioni o misfatti di ogni personaggio che siederà in Consiglio comunale diventerebbe troppo un tiro al piccione. Volutamente non abbiamo trattato del nostro Messner di Fanano, sarebbe troppo semplice e gli diamo credito di essere riusciti a produrre, intorno a queste elezioni, un Modena Park 2.0, tanto spettacolo e tanto, tantissimo fumo.

Sicuramente le percentuali e i numeri sono interessanti e parlano molto più di spicce e vomitevoli analisi politiche, rispetto ai rispettivi fallimenti, tesi ad attribuire ad altri le proprio incapacità e le proprie colpe.

Ciò però che continueremo a seguire con notevole interesse sono quelle lotte, quei sussulti che negli ultimi anni hanno caratterizzato questa città. Movimenti tellurici in grado di far mettere in difesa gli scudi del malaffare e della speculazione (cosa che neanche una lista civica improvvisata e un partito che si richiami al sovranismo sono riusciti a fare). Chi porta avanti banali polemiche sulla ribelle Vaciglio che vota in massa il ‘sindaco del cemento’ dovrebbe farsi da parte o quantomeno smettere di leggere i giornali locali per iniziare a ragionare con la propria testa, non sono nuove infatti le esternazioni di chi abita in quel quartiere e non si riconosce più nel centro sinistra né tanto meno nel centro destra ma che, nonostante tutto, non è estraneo ad una certa cultura istituzionale e territoriale. Quì però si aprirebbe un ulteriore macropunto sulla capacità di ricomposizione sociale e sulla storia del nostro territorio che non crediamo sia il caso di affrontare in questo momento. (Per coloro veramente interessati alla partecipazione, al dibattito e alla ‘non conoscenza astratta del reale’ fuori dalle discussioni da social network, ci sono pur sempre le assemblee).

Insomma non c’è che dire, un ottimo lavoro da parte delle istituzioni locali mentre per chi vuol fare battaglia e vuole costruire percorsi di antagonismo cittadino che sappiano ribaltare e rimettere in discussione il modello di sviluppo neoliberista attuale, fatto di sfruttamento, devastazione ambientale e discriminazione sulle linee del genere e della razza. La strada è in discesa.

“Sblocca cantieri” un’analisi che parte dal territorio.

Ha creato qualche timido allarme il primo sì al cosiddetto decreto «Sblocca cantieri» da parte del Senato. Eppure, senza dover tornare per forza alla «Legge Obiettivo» del 2001 (governo Berlusconi) definita «criminogena» dal presidente dell’Autorità anticorruzione, l’ultimo decreto in materia, lo «Sblocca Italia» di Renzi, che ne richiama anche il lessico, risaliva a soli cinque anni fa.

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Da linkiesta.

 

Come mai tutta questa “urgenza”? Come Senza Quartiere abbozziamo una riflessione che prende le mosse proprio dal nostro territorio.

Prima di analizzare la valenza dei punti del codice degli appalti che subiranno delle modifiche attraverso il superemendamento del decreto legge sblocca cantieri, è utile affrontare un ragionamento che si muova dal particolare all’universale, ovvero che parta da una narrazione locale e che arrivi ad un racconto più generale. Il punto di partenza in questo ragionamento è la nostra regione, l’Emilia Romagna, e in particolar modo la provincia di Modena.

Un territorio di eccellenze e di primati. E se proprio vogliamo basare il nostro ragionamento sulla leadership del nostro territorio, facciamolo pure. E partiamo da tre dati: la nostra regione si posiziona al terzo posto per lavoratori irregolari, al quarto posto per riciclaggio e al quinto posto per numero di interdittive antimafia.

L’anno è lungo e le possibilità di scalare la classifica ci sono tutte. Non disperate, però. Esiste un elemento che fa sfrecciare la nostra regione in cima alla classifica: è in Emilia Romagna, infatti,  che si è svolto il processo Aemilia che, con i suoi 217 imputati, è il primo maxiprocesso contro un’organizzazione criminale di stampo mafioso che si sia mai svolto al nord Italia. Ed è proprio grazie a questo procedimento penale che abbiamo avuto modo di conoscere il cosiddetto “sistema Emilia”, un sistema criminale integrato all’interno del quale la mafia sembra assumere un ruolo quasi marginale, divenendo l’ultimo anello (e dunque quello più sacrificabile) di una catena che trova negli imprenditori e nei colletti bianchi i propri “dei ex machina”.

L’emblema di questo sistema è stato raccontato durante le udienze del processo e trova in un personaggio la propria concretizzazione. Stiamo parlando di Augusto Bianchini, imprenditore modenese condannato in primo grado per concorso esterno, abuso d’ufficio, false fatturazioni. Ed ecco che ritorna un altro primato per la nostra regione: Augusto Bianchini, infatti, viene condannato anche per il reato di caporalato. E’ una delle prime condanne per questo reato in tutta Italia.

Il suo nome è emblematico perché ben si lega ai ragionamenti che in questi giorni si stanno sviluppando intorno al decreto legge sblocca cantieri e alle modifiche che verranno apportate al codice degli appalti. E’ il 2012 e l’Emilia Romagna viene colpita da un violentissimo terremoto. Le zone più devastate sono proprio quelle in cui vive e opera l’imprenditore Bianchini che, con la propria ditta, diventerà uno dei protagonisti principali della ricostruzione post-sisma. E’ proprio in questo periodo che si sviluppa un altro sistema, “il sistema Finale Emilia” che ha quattro protagonisti: un imprenditore (Bianchini) descritto nelle carte processuali come “fondamentale strumento per le mafie per muoversi nell’ambito degli appalti pubblici“. Bianchini risulta infatti avere tutte le caratteristiche necessarie per una buona collaborazione con l’organizzazione criminale: perfettamente inserito all’interno della realtà economica e sociale del luogo, l’imprenditore modenese gode anche di un ottimo legame con il mondo delle cooperative (che non guasta mai) e soprattutto con le amministrazioni locali.

Qui si inserisce il secondo personaggio, Giulio Gerrini, Responsabile dell’Area Lavori Pubblici e Servizio Manutenzione del Comune di Finale Emilia. Gerrini, in seguito al terremoto, vede concentrate nelle proprie mani una serie di attribuzioni in materia di lavori pubblici che ne faranno vero e proprio centro monocratico di potere. Questo ruolo lo porterà ad adottare una sistematica serie di favoritismi nell’aggiudicazione di numerosi appalti nei confronti della ditta di Augusto Bianchini, il quale nel frattempo si è fatto affiancare da Michele Bolognino, condannato a quasi quarant’anni di carcere (tra rito ordinario e abbreviato) in quanto ritenuto uno dei capi dell’organizzazione ‘ndranghetista emiliana e Lauro Alleluia, personaggio campano condannato a 9 anni di reclusione.

Grazie a questo schema, la  Bianchini diviene una delle ditte più attive nell’ambito della ricostruzione, aggiudicandosi numerosi appalti. Come? Attraverso due pratiche: l’affidamento diretto e il sistematico frazionamento di un appalto. L’affidamento diretto è quella pratica che permette, appunto, di affidare un lavoro in maniera diretta a una ditta senza passare attraverso la procedura di una gara d’appalto a patto che, però, il prezzo complessivo dei lavori da svolgere non superi i 40.000 euro. Ecco perché la seconda pratica messa in atto con il “sistema Finale” è quella del frazionamento. Un appalto vale più di 40.000 euro ma io voglio comunque affidarlo alla Bianchini Costruzioni? Nessun problema, spacchetto l’appalto e affido in maniera diretta ogni singolo lotto alla ditta. Perché raccontare, in questo contesto, la storia di Bianchini?

Perché, con il senno del poi, si può dire che l’imprenditore modenese sia stato solo sfortunato o che, semplicemente, non abbia azzeccato le tempistiche.

Con il decreto legge sblocca cantieri e con il superemendamento approvato in Senato, infatti, il tetto massimo per l’affidamento diretto sale da 40.000 a 150.000 euro. Avesse aspettato un attimino, Gerrini non avrebbe dovuto perdere tempo a spacchettare ogni singolo appalto in “miniappalti” da 40.000 euro ciascuno e tutto si sarebbe svolto nel pieno della legalità. Tanto amata e venerata nel nostro territorio.  Un consiglio per tutti i colletti bianchi e per gli imprenditori che da anni fanno affari con le mafie emiliane: aspettate un altro po’ e non abbiate la fretta che ha avuto Bianchini.

Con lo sblocca cantieri ci sono importanti novità, infatti, anche per il subappalto: la soglia massima per affidare dei lavori in subappalto sarà del 40%, da calcolare sull’importo totale del contratto e viene eliminato l’obbligo di nominare una terna di subappaltatori.  E siccome sappiamo benissimo come le organizzazioni criminali emiliane preferiscano portare avanti i propri affari in piccoli centri piuttosto che nelle grandi città (vedi Brescello e Sorbolo), consigliamo anche qui di aspettare ancora un momento: i comuni non capoluogo potranno fare gare senza passare attraverso le stazioni appaltanti e, sempre per questi comuni, viene meno l’obbligo di scegliere i commissari responsabili dall’albo Anac.

Spostando il nostro ragionamento da una visione locale a uno sguardo più generale, è utile anche analizzare il peso che il decreto sblocca cantieri ha a livello nazionale. Sono da poco passate le elezioni europee che sin da subito hanno assunto la valenza di una vera e propria spada di Damocle che pendeva sulla testa di un governo che, oggi, tenta attraverso il decreto legge sblocca cantieri di ritrovare una propria stabilità. L’incessante braccio di ferro tra le due componenti governative, tuttavia, cessa immediatamente al suono di una parola: sicurezza.

Ecco qui che il decreto stanzia un fondo da 160 milioni di euro, destinati all’installazione di videocamere di sorveglianza a circuito chiuso negli asili e nelle strutture per anziani e disabili, in modo da garantire una “più ampia tutela”. Nulla di nuovo sotto il sole, saranno d’accordo anche le altre fazioni politiche, soprattutto il Partito Democratico che con le proprie politiche ha da sempre portato avanti un’idea di decoro urbano e sicurezza che andassero di pari passo con una visione orwelliana delle città. Big Brother is watching you.

 

Vertenza Italpizza: “Tornare alla normalità. Tornare al silenzio.”

Sabato mattina, nella sede modenese di Confindustria Emilia, era stato raggiunto un accordo tra Italpizza, le cooperative Cofamo ed Evologica, Confcooperative, Confindustria e Legacoop da una parte, e i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil) dall’altra (anche se non c’è da esserne così sicuri).

Anche perché l’azienda, dopo esser riuscita ad escludere da tutti i tavoli di trattativa il SiCobas, salutava positivamente l’incontro con queste parole, pronunciate dal consigliere delegato Bondioli:

«Siamo soddisfatti perche’ finalmente si e’ compiuta la condizione per la quale da tempo lavoravamo, nonostante le forti pressioni e le difficolta’ causate dai blocchi illegali.»

Dalla sera precedente, intanto, in concomitanza con una grigliata di solidarietà proprio davanti ai cancelli di Italpizza, il sito ( http://www.nuovocaporalato.it ) riconducibile alla Flai Cgil diventava irraggiungibile. Al suo posto, una schermata nera (a lutto quasi) e una frase sibillina, firmata Umberto Franciosi della Flai Cgil Emilia-Romagna.

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Oggi, arrivano le prime risposte a quell’accordo sia da parte del S.i.Cobas, che parla chiaramente di “libertà di parola” e di “libertà di associazione sindacale” nonché di un rischio che il modello Italpizza possa essere il precedente per l’abbassamento generalizzato dei diritti e dei salari a Modena e non solo, sia da parte dell’opposizione Cgil de “il sindacato è un’altra cosa” che ricorda come sia stato reintrodotto il marcatempo per le pause all’interno dello stabilimento e della gravità del fatto che sia stato fatto passare il principio secondo il quale sia la direzione aziendale a “scegliersi” i sindacati con cui parlare.

Li pubblichiamo entrambi, partendo dal comunicato del S.i.Cobas.

TORNARE ALLA NORMALITA’
TORNARE AL SILENZIO
Nota sugli accordi tra sindacati confederali ed Italpizza

Il primo, concreto risultato del tavolo tra Cgil-Cisl-Uil e #Italpizza è stata l’esclusione di una parte dei lavoratori dal tavolo della trattativa, da cui i delegati del S.I. Cobas sono stati esclusi e allontanati in malo modo dalla Digos. Vi sembra giusto? Da notare che in quella stessa sede di Confindustria il Si Cobas ha firmato in passato importanti accordi con altre aziende.
L’accordo firmato dalla triplice parla dell’avvio di una contrattazione di sito, ma la stessa non era già stata avviata 6 mesi fa? Non si doveva già garantire la revisione dei contratti applicati? Non si doveva parlare di contratto Alimentare? Nulla di questo viene accennato nell’accordo.
Italpizza dal canto suo ribadisce sempre la stessa litania: quel che c’è va bene così com’è!
Il diritto all’assemblea sindacale viene commentato dai sindacati firmatari dell’accordo come una conquista, eppure tale diritto è già previsto dalla normativa, il fatto che non fosse garantita né ai lavoratori in appalto né ai lavoratori diretti di Italpizza è dunque una violazione, non la conquista di un accordo di secondo livello!

L’obiettivo del tavolo separato tra tutte le parti, con l’esclusione del S.I. Cobas, viene ben spiegato dalla nota diffusa dalle cooperative di Italpizza: “All’origine di questo importantissimo passo – da cui continueranno ad essere esclusi coloro che si sono posti in opposizione ed, anzi, in sfregio delle regole del vivere civile e della legalità – l’ennesimo riconoscimento dell’assoluta correttezza del nostro agire”.
L’obiettivo è proprio l’esclusione di “coloro che si sono posti in opposizione”, il ritorno alla normalità. Obiettivo è il riconoscimento dell’assoluta correttezza dell’azienda, cioè dell’assoluta correttezza dei contratti applicati, dei turni, delle norme di sicurezza, del versamento dei contributi, ecc.

Ricordiamo che i primi due punti della piattaforma di rivendicazioni della CGIL, per i quali è stato proclamato lo sciopero di maggio, erano la “libertà di parola” e la “libertà di associazione sindacale”. Chiediamo quindi: è giusto che venga firmato un accordo in cui è prevista la libertà sindacale solo per alcuni, ma con l’esclusione dei lavoratori del S.I. Cobas? Che razza di concetto ha la segreteria CGIL della libertà e dei diritti? La libertà e i diritti sono per tutti, o non sono!

Che i dirigenti CGIL facciano valere questi principi, senza prestarsi al gioco padronale: questa non è una vertenza qualsiasi. Il modello Italpizza rischia di essere il precedente per l’abbassamento generalizzato dei diritti e dei salari, a Modena e non solo. Per quale motivo industrie come Barilla, Buitoni, Pavesi, Antico Forno, Valpizza, Cameo e Nestlè dovrebbero continuare ad applicare il contratto alimentare, quando Italpizza dimostra che è possibile applicare il contratto di pulizie ed avere persino l’appoggio dei sindacati?
Per quale motivo le aziende dovrebbero continuare a parlare coi sindacati, se Italpizza dimostra che ci si può scegliere gli interlocutori?

Una cosa è certa, un imbroglio come quello firmato da Cgil Cis e Uil nel 2015, che sanciva il peggioramento delle condizioni dei lavoratori facendoli regredire da un contratto alimentare a quello delle pulizie e multiservizi ora sarà difficilmente realizzabile con il controllo, l’esperienza e le consapevolezze acquisite dai lavoratori che, anche se non saranno ammessi al tavolo da Italpizza, non saranno disponibili a farsi nuovamente prendere in giro.

Di seguito, invece, il comunicato de il sindacato è un’altra cosa, opposizione Cgil.

La fase che si è aperta dopo l’incontro del 31/05 tra direzione Italpizza e sindacati confederali, apre uno scenario nuovo e contraddittorio. Da una parte è indubbiamente positivo che si sia conquistato il diritto alle assemblee interne per i dipendenti delle due cooperative e che si sia aperta una discussione sugli assetti contrattuali; ma d’altra parte Italpizza ha ottenuto alcuni risultati politici  molto favorevoli: la rottura del fronte tra CGIL e Si Cobas (che era il vero incubo dell’azienda), la delegittimazione del ruolo e degli scioperi promossi dal sindacato di base, una fase di tregua dopo mesi di conflitto che evidentemente avevano intaccato i risultati e l’immagine di Italpizza. A tal proposito è significativo quanto inquietante che sia stato reintrodotto il marcatempo per le pause fisiologiche rimosso negli scorsi mesi grazie agli sciopero.

Particolarmente grave è che sia passato di fatto il principio aziendale per il quale è la direzione a “scegliersi” i sindacati con cui parlare: un grave abuso antidemocratico (che la CGIL, per altro, continua a subire nel gruppo industriale più grande d’Italia e in molte vertenze diffuse  – vedi Castelfrigo), in cui i padroni si arrogano il diritto di parlare e contrattare solo con le organizzazioni compatibili ai propri interessi.

La cosa da fare, adesso, per evitare che questi “vantaggi” strappati da Italpizza si trasformino in un arretramento delle ragioni dei lavoratori, è imporre che la fase di discussione abbia tempi contingentati e predefiniti: dicendo chiaramente che la CGIL non si accontenta della “concessione” di un tavolo in cambio della pacificazione, che la trattativa, al di là degli esiti, deve avere una finalizzazione rapida SULLA BASE DELLE PAROLE D’ORDINE DELLA REINTERNALIZZAZIONE E DELLA CONTRATTAZIONE DI SITO. E chiedendo con forza che al tavolo di trattativa siano ammessi anche i Si Cobas, in virtù di un principio di rispetto minimo della rappresentanza reale e dell’agibilità democratica in quell’azienda.   La discussione sulle applicazioni contrattuali in Italpizza non è un fatto tecnico, ma una questione politica e di rapporto di forza. o passa l’arbitrio aziendale o passano le esigenze di giustizia ed equità di chi lavora. E’ necessario che la CGIL faccia pesare continuamente sul quel tavolo l’unica vera arma che il sindacato e i lavoratori hanno in mano: lo sciopero e il blocco delle merci in entrata e in uscita. Mesi di chiacchiere, commissioni e sottocommissioni , buone solo a raffreddare i conflitti e mettere nell’angolo i Cobas, sarebbero un colpo mortale per la CGIL.

RICONQUISTIAMO TUTTO
(area di opposizione in cgil)

 

Senza Quartiere: Festival delle Lotte Sociali Vol.2

Viviamo in una città, Modena, posizionata al centro di una regione in via di ristrutturazione.

A dieci anni di distanza dall’ultima ciclica crisi economica, si cominciano ormai a notare i primi nefasti effetti di una gestione del territorio dalla faccia vecchia ma dal respiro nuovo. Continua a leggere Senza Quartiere: Festival delle Lotte Sociali Vol.2

Modena Pride, un successo e una nota stonata.

Una colorata e gioiosa marea ha invaso Modena in un soleggiato primo sabato di giugno.

Un successo. Una festa. Il Pride della città non può essere definito certo in altro modo e i bollettini numerici parlano di presenze che oscillano dalle 10.000 alle 20.000 persone.
Un lungo corteo che ha attraversato Modena per oltre tre ore, a suon di musica, freschezze, voglia di vivere e divertirsi.

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«We are everywhere!»

Una ricorrenza particolare quella di quest’anno, non solo perché cadeva allo scoccare del cinquantennale dei moti di Stonewall ma anche perché le rivendicazioni LGBTQI si andavano ad intrecciare a discorsi e atteggiamenti governamentali sempre più improntati al razzismo e alla discriminazione di Stato. Non a caso, sabato 1 giugno, in contemporanea con Modena, scendevano in piazza anche Padova, Perugia, Alessandria e Salerno, prime tappe di un Pride che avrà luogo in molte altre città italiane durante l’estate (a Bologna sarà il 22 giugno, ad esempio).

Slogan e cartelli contro i Ministri Fontana e Salvini assieme a tanta voglia di fare festa e di divertirsi. La città c’è, risponde e scende in piazza.

Ad aprire il corteo, lo striscione del Modena Pride che recita «Diritti al centro» mentre in testa marciano gli organizzatori dell’Arcigay di Modena del circolo Matthew Shepard assieme alle autorità “civili” col sindaco di Modena Muzzarelli in prima fila accompagnato per l’occasione dal suo omologo di Spilamberto e da altri amministratori della provincia.

Un lungo serpentone di quasi due chilometri che attraversa la città per poi tornare al punto di partenza, dove c’è il palco allestito al parco Novi Sad che attende il corteo e sul quale si esibiranno Benji e Fede.

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Se il Modena Pride è stato un successo di pubblico e di partecipazione non tutto il terreno sul quale si è svolto questo giorno dell’orgoglio risulta così liscio e così piano come suggerisce l’apparenza.

La mattina, infatti, si era tenuta la cosiddetta “Processione di riparazione”, “benedetta” e “incoraggiata” anche dal ministro della Famiglia Lorenzo Fontana assieme al neoeletto consigliere comunale Alberto Bosi, per “ripulire” la città dal “peccato” del Gay Pride. Processione tutta politica perché, dietro alla vesti della grottesca “goliardata”, della “Processione riparatoria” organizzata dal Comitato San Geminiano Vescovo e guidata da don Giorgio Bellei, si nascondevano i volti dell’estrema destra del territorio, dal leader di Forza Nuova Bertaglia al boss di Terra dei Padri De Maio, presente alla processione con la figlia, anch’essa neoeletta in consiglio comunale.

Non a caso, in contemporanea con la processione mattutina, il movimento femminista NonUnaDiMeno aveva organizzato un flash mob con tanto di scope e piumini per “ripulire” le strade dall’omofobia e “preparare” il terreno per la manifestazione pomeridiana.

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Una parentesi fortunatamente surclassata dai numeri e dalla partecipazione al Modena Pride, quella della “Processione di riparazione”, che tuttavia dovrebbe far riflettere la città su quanto nulla debba essere ormai dato per scontato oggigiorno e su come ci sia sempre qualcuno in agguato pronto a riavvolgere le lancette dell’orologio indietro di secoli.

Infine, a fine corteo, ci è capitato di assistere ad una piccola “pecca” di questo Modena Pride che vorremmo far conoscere, perché, dopo un corteo bellissimo e partecipatissimo, vedere la municipale scagliarsi e accanirsi contro un carrettino che offriva Mojito e staccare multe da più di 5.000 euro (una da 5.000 euro più due da 2.500) francamente non è un bel segnale. La nota stonata di una manifestazione fin lì riuscitissima.

Sembrava che non aspettassero altro.

Così, se NonUnaDiMeno  in mattinata “ripuliva” la città dall’omofobia della “Processione riparatrice”, la polizia del sindaco, a fine giornata, a fine Gay Pride e senza che nessuno ci badasse troppo, “ripuliva” la città dalle “anomalie” di un giorno straordinario.

Forse qualcosa di più di una piccola nota stonata… Ma noi siamo maliziosi.

 

Ancora cariche e lacrimogeni a Italpizza mentre i confederali incontrano Confindustria.

Riprende lo sciopero davanti ai cancelli di Italpizza e ricominciano anche gli interventi della questura di Modena per farlo cessare.

Mentre Confindustria incontrava i sindacati confederali (Cgil-Cisl-Uil), ribadendo ancora una volta, sia l’indisponiblità a trattare col SiCobas, sia la volontà di scegliersi unilaterlmente i propri interlocutori, fuori dai cancelli di Italpizza, questo pomeriggio, si registrano nuovi interventi della celere.

Cariche, lacrimogeni e circolazione sulla Vignolese di nuovo bloccata per consentire il passaggio piu veloce delle merci dell’azienda.

Dopo il lancio della campagna di boicottaggio per far pressione su Italpizza, con azioni comunicative a Modena, Bologna, Carpi, Firenze, Parma, Piacenza e Messina, è ripreso (come riportato in una nota del SiCobas di Modena) lo sciopero vero e proprio:

 Oggi Italpizza e Confindustria incontrano i sindacati confederali, Cgil-Cisl-Uil confermando la volontà di scegliere chi sono i loro interlocutori. Noi invece non ci stancheremo mai di ripeterlo: il sindacato non lo scelgono le aziende, né il prefetto, né la questura. Il sindacato lo scelgono i lavoratori e le lavoratrici!!!

Per questi motivi da stanotte è ripreso lo sciopero davanti ai cancelli di Italpizza, che proseguirà fino a questa sera.

Alle 19:00 dibattito e cena sociale!!!

Vi aspettiamo!! Uniti si vince!!

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24 Maggio Sciopero Globale

Ieri mattina la cittá di Modena si è mobilitata in concomitanza ad altre 1693 città e 119 paesi del mondo per la seconda giornata di sciopero globale contro il cambiamento climatico. Il corteo modenese è stato abbastanza eterogeneo, partecipato da circa 500 persone e caratterizzato dal protagonismo dei piú giovani che hanno riempito di colore le strade cittadine con striscioni e cartelli, intonando cori per esprimere dissenso sulla gestione della crisi ambientale contemporanea. Continua a leggere 24 Maggio Sciopero Globale

Riprende lo sciopero a Italpizza

Dopo che a Roma, l’incontro al Ministero del Lavoro di sabato scorso era terminato con un nulla di fatto a Modena, questo lunedì, è ripreso lo sciopero a Italpizza.

Non più solo il SiCobas, questa volta, davanti ai cancelli di Italpizza perché ora, dopo più di cinque mesi passsati a denunciare le vergognose condizioni di sfruttamento e il clima di paura che si è instaurato all’interno dello stabilimento di San Donnino, ora lo sciopero è sostenuto anche dalla Cgil.

Se sabato scorso, all’incontro al Ministero, con l’arroganza che le contraddistingue, Italpizza, le cooperative appaltatrici Cofamo e Evologica assieme a Confindustria non si sono nemmeno presentate al tavolo di trattativa, dichiarazioni e spot a mezzo stampa non sono invece mancati, a cominciare dalla ferma indisponibilità a qualsiasi contrattazione col sindacato autorganizzato da parte dell’azienda: «(Italpizza) non partecipera’ mai a incontri o tavoli alla presenza dell’organizzazione Si Cobas, per gli evidenti motivi di ordine pubblico di cui sono portatori.» aggiungendo «Italpizza sta operando nella regolarità e nel rispetto delle norme, e che e’ anticostituzionale [sic] obbligare una societa’ ad applicare un contratto di lavoro anziche’ un altro. » nonostante sia stata piu volte denunciata e comprovata l’applicazione illecita dei contratti nel corso dei precendenti mesi di mobilitazione. (Notare come anche l’Ispettorato del Lavoro abbia dichiarato: «Accertate violazioni, addebitati contributi omessi, irrogate sanzioni amministrative» sanzionando l’azienda per circa 700.00 euro, ciffra comunuqe irrisoria se si considerano i milioni risparmiati sul costo del lavoro attraverso l’appalto.)

Così, lunedì, mentre all’interno dello stabilimento si registrava l’ennesimo infortunio sul lavoro e riprendeva lo sciopero congiunto SiCobas-Cgil all’esterno dello stabilimento, l’azienda ri-giocava la carta dell’investimento da 25 milioni di euro per la costruzione in deroga (col decreto sblocca-Modena approvato dalla giunta Muzzarelli nel 2017) di un nuovo polo logistico Italpizza adiacente all’attuale stabilimento produttivo.

Martedì lo sciopero riprende davanti ai cancelli e ricominciano anche le violenze e la pioggia di lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine, che a Modena sembrano ormai diventate tipo l’agenzia Pinkerton, un servizio privato a favore delle aziende pagato però coi contributi di tutti i cittadini.

Tante cariche, qualche ferito e lacrimogeni lanciati direttamente addosso alle persone che sviluppano tuttavia solo l’effetto contrario a quello sperato dagli sgherri in divisa.

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Anche la giovane candidata sindaca di Modena Volta Pagina è presente allo sciopero e anche a loro viene sequestrato uno striscione in solidarietà ai lavoratori.

Al terzo giorno, mercoledì, la repressione poliziesca si fa, per quanto possibile ancora più pesante e nervosa. La polizia attacca i blocchi dei lavoratori con lacrimogeni e manganellate fin da subito tutavia, nonostante l’indicazione dei delegati sindacali CGIL di non partecipare ai blocchi, la maggior parte dei lavoratori iscritti alla Camera del lavoro solidarizzano coi colleghi opponendosi alle cariche.

Simone Carpeggiani, coordinatore di Bologna viene circondato e aggredito da ben 6 poliziotti in quello che può essere definito tranquillamente (come riporta nella sua nota il SiCobas di Bologna) «un attacco squadrista delle forze dell’ordine contro i lavoratori».

In contemporanea però, dentro Italpizza, ci sono più linee di produzione ferme di quante ne risultino attive. Come riporta il comunicato del SiCobas:

Oggi è il terzo giorno di sciopero congiunto S.I. Cobas – CGIL davanti ai cancelli di Italpizza, con presidio permanente giorno e notte: delle 5 linee di produzione dell’azienda soltanto una sta funzionando, mentre il reparto di confezionamento è ridotto al 20% della capacità. Oltre alle lavoratrici e lavoratori davanti ai cancelli altre centinaia si sono astenute dal lavoro.

Ieri Italpizza ha tentato di giocarsi un’altra carta truccata, annunciando 25 milioni di euro di investimenti per un nuovo polo logistico sulle aree verdi adiacenti al già enorme stabilimento (terreni verdi su cui il comune ha già tolto il vincolo ambientale..). Peccato che sia lo stesso piano presentato due anni fa: si tratta quindi di un falso annuncio, che comunque non menziona nemmeno le condizioni contrattuali e lavorative di chi potrebbe essere impiegato in questo nuovo redditizio business.

Per aggirare lo sciopero Italpizza tenta poi di far entrare dei lavoratori esterni in sostituzione di quelli davanti ai cancelli, pratica proibita dalla legge italiana come pratica antisindacale: alcuni addetti aprono un cancello provvisorio sul retro dello stabilimento, mentre in uno stradello adiacente i lavoratori esterni aspettano che il padrone della cooperativa li venga a prendere (foto sotto). Ma anche qui il l’esempio della lotta si estende: dopo aver parlato con gli altri operai i lavoratori esterni decidono di unirsi allo sciopero e di non entrare ad Italpizza!
(qui il video che documenta l’insubordinazione dei lavoratori esterni al presidente della cooperativa Cofamo) Di questo ennesimo illecito sono stati informati l’Ispettorato del Lavoro e la Prefettura.

Nel pomeriggio, inoltre, viene fermato e portato in questura Assouli, storico delegato del Sicobas di Modena e si formano due presidi in contemporanea. Il primo sempre davanti ai cancelli di Italpizza, mentre il secondo si forma sotto la questura per chiedere l’immediato rilascio del delegato fermato, che sarà in seguito rilasciato poco prima delle otto di sera.

Procede intanto, con poche eccezioni, il silenzio assordante della politica cittadina su quanto avviene, da ormai più di cinque mesi, davanti ai cancelli di quella che comunemente viene definita un’ “eccellenza” produttiva del teritorio.

Silenzio che si è fatto “sentire” anche il 9 maggio, data in cui, veniva incendiata l’automobile di uno dei delegati sindacali a Italpizza a mo di intimidazione.

Questo attentato giunge nello stesso giorno in cui la procura di Modena emette oltre 30 denunce nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori di Italpizza che hanno partecipato agli scioperi di questi mesi, con accuse più gravi confezionate su misura proprio contro i delegati sindacali e gli operai più attivi nella lotta. Ma giunge anche a pochi giorni dall’incontro sulla vertenza Italpizza convocato dal Ministero del Lavoro a Roma: l’azienda infatti si era rifiutata con un comunicato pubblico di sedersi ad un tavolo col nostro sindacato, e l’intervento del Ministero sembra essere riuscito a sbloccare la situazione. È evidente infatti che a #Modena esiste un sistema locale ben oliato di affari e connivenze a tutti i livelli – economici, politici ed istituzionali – per il quale industriali e cooperative detengono un potere semi-feudale sul territorio, a discapito di chi la ricchezza la produce con le proprie braccia. L’attacco contro il S.I. Cobas qui è più duro che altrove, proprio perché le lotte sindacali rischiano di sgretolare questo sistema incancrenito.

Intanto però, attorno allo sciopero di Italpizza, si cominciano a vedere anche i primi germogli di qualcosa che va in crescendo come la solidarietà e la consapevolezza  «a sostegno di una vertenza che vede Davide contro Golia, la giustizia contro lo sfruttamento.»

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Incontro al Ministero del Lavoro, Confindustria e Italpizza non si presentano al tavolo.

Terminato con un nulla di fatto l’incontro indetto dal Sottosegretario al Ministero del Lavoro, Caludio Cominardi sulla vertenza Italpizza.

Pubblichiamo qua di seguito il comunicato del SiCobas di Modena.

Stamattina si è svolto a Roma, presso il Ministero del Lavoro, l’incontro convocato dal Sottosegretario Claudio Cominardi, sulla vertenza Italpizza: dimostrando ancora una volta la propria arroganza, aziende e Confindustria non si sono presentate al tavolo.
Erano presenti invece i rappresentanti dei lavoratori: oltre al S.I. Cobas hanno partecipato le categorie Alimentari e Commercio di CGIL e CISL. Tutti i sindacati hanno denunciato le vergognose condizioni di sfruttamento e il clima di paura che vigono all’interno del sito, dichiarando all’unanimità che l’unico contratto applicabile è quello delle industrie alimentari, non quello di pulizie/multiservizi attualmente utilizzato per comprimere salari e diritti.

Da notare che il sindacato UIL non si è presentato insieme agli altri sindacati, ma si presenterà domani all’incontro al Ministero insieme alle aziende e a Confindustria svelando, per chi avesse ancora qualche dubbio, la propria natura…

Particolare attenzione è stata dedicata al preoccupante clima di intimidazione intorno alla vertenza Italpizza, culminato giovedì scorso nell’attentato incendiario ai danni del nostro delegato sindacale, contestando inoltre duramente il Prefetto di Modena, presente alla riunione, per i continui attacchi repressivi che colpiscono con processi, denunce e fogli di via i lavoratori in sciopero, senza mai toccare i veri criminali che prosperano sul territorio. Il problema di Modena non sono gli scioperi, ma il sistema di caporalato industriale e le sue articolazioni politiche e istituzionali!

Attendiamo quindi la presa di posizione del Governo, dopo che avrà sentito anche la parte padronale.
Lo stato di agitazione resta comunque aperto fino alla risoluzione della vertenza. 

Avanti S.I. Cobas, fino alla vittoria!

Carpi, durante il comizio di Salvini, settantenne ammanettato e portato in questura per uno striscione.

Ieri sera abbiamo assistito all’ennesima puntata del tour elettorale del Ministro degli Interni.

Eravamo a Carpi dove si è tenuto il comizio del leader leghista davanti a un Municipio transennato da più lati e circondato da un imponente schieramento di celere. Il palco, giusto a pochi metri da quella Piazza Martiri nella quale nel ’44 i fascisti ammazzarono 16 persone per rappresaglia.

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Il palco di Salvini.

Intorno alle 20:30 Umberto, pensionato settantenne e militante del Centro di Documentazione ISKRA, srotola uno striscione dal tetto dell’abitazione di alcuni parenti, a pochi metri dal Municipio per contestare la presenza del vice-premier Salvini.

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Immediata l’irruzione degli agenti della questura di Carpi nell’abitazione privata che, sotto lo sguardo indignato di parenti e amici, hanno ammanettato l’uomo e lo hanno trasferito immediatamente in questura.

Umberto verrà rilasciato solo dopo oltre 3 ore con una denuncia per grida e manifestazioni sediziose (art. 654 cp) a comizio e passerella già terminata.

Ne abbiamo raccolto la testimonianza in questo video:

 

Nel frattempo oltre un centinaio di manifestanti, in prevalenza giovani, contestavano l’ennesima passerella creando non pochi grattacapi alla militarizzazione dell’intero centro carpigiano.