Dopo più di sette mesi, un interrogazione parlamentare, svariate giornate di sciopero, un paio d’accordi firmati in Prefettura non rispettati dall’azienda e una convocazione presso il Ministero del Lavoro disertata dalla stessa, la vertenza Italpizza sembra ancora lontana dall’essere risolta.
Anche questa settimana, infatti, davanti ai cancelli dello stabilimento di San Donnino, è andato in scena il solito copione di repressione antioperaia. Cariche, minacce, denunce e circa un centinaio di lacrimogeni lanciati in soli tre giorni per quella che risulta ormai essere una gestione manu militari di una delle “eccellenze del territorio” e del “Made in Italy”.
Una lavoratrice svenuta e portata via in ambulanza con la polizia che la seguirà fino in ospedale per identificarla assieme alle compagne. Poi ancora l’auto di un delegato sindacale ritrovata danneggiata (vedi foto a fianco), dopo che già lo scorso mese, alla vigilia dell’incontro al Ministero del Lavoro, un’auto di un altro delegato era stata data alle fiamme per intimidazione. Fatti che se fossero successi ad un altra latitudine in Italia, avrebbero generato ben altro scalpore e definizioni indubbiamente più precise di quelle timide e indifferenti mostrate a Modena nonostante le tonnellate di retorica spese sulla legalità.
Così, nella giornata di giovedì, dopo la consueta dose di lacrimogeni e repressione una delegazione di lavoratrici entrava in Consiglio comunale (il primo della nuova consiliatura) nel tentativo di interrompere quel silenzio istituzionale sulla vertenza che durava da troppo tempo e di denunciare quanto stava avvenendo, ormai da tre giorni davanti ai cancelli di Italpizza, con le continue e ripetute minacce e le violenze della celere contro il picchetto dei lavoratori.
Una volta interrotto il consiglio comunale la delegazione ottiene un colloquio con l’assessore Bosi, eletto in quota Sinistra per Modena. Nel colloquio con quest’ultimo l’assessore dichiara alla delegazione che non ha abbastanza elementi per intervenire sull’argomento, che ha già incontrato altri lavoratori (quali non si sa, perché chi è in presidio davanti all’azienda da più di sette mesi dichiara di non averlo mai visto) e infine, ripetendo a più riprese che il Comune si pone a difesa dei posti di lavoro (badare bene alla sfumatura, a difesa dei posti di lavoro non dei lavoratori).
E, dopo essere approdata al Comune di Modena, la vertenza Italpizza torna a farsi sentire anche in Parlamento con l’intervento della deputata del Movimento 5 Stelle, Stefania Ascari: «È una vicenda che seguo da tempo e la considero una ferita aperta per il mio territorio. Per questo ieri sono intervenuta in Aula per ribadire che questi lavoratori non sono soli, personalmente mi impegnerò con forza affinché la proposta di legge che ho co-firmato e abbiamo depositato sia presto discussa e approvata.»
Se è difficile riporre un minimo di fiducia in un Parlamento che ha visto ormai completamente svuotate le sue prerogative e se in città, in Giunta e in Consiglio comunale, si continua a far finta di non vedere, schierandosi poi di fatto apertamente con Italpizza, chi parla senza mezzi termini è il sindacato autonomo di polizia Sap il quale si scaglia contro le ricostruzioni degli eventi davanti ai cancelli dell’azienda e, al tempo stesso, ringrazia il sindaco Muzzarelli per l’elogio «al contributo della Questura di Modena alla sicurezza della città.»
In merito a queste dichiarazioni pubblichiamo di seguito il comunicato del SiCobas nazionale che ci sembra abbastanza significativo:
TANTO PIOVVE CHE TUONÓ.
Il SAP DI MODENA ESCE ALLO SCOPERTO E RIVENDICA LA MATTANZA CONTRO I SINDACALISTI DEL SI COBAS E LE OPERAIE ITALPIZZA.
Evidentemente negli piani alti della Polizia di Stato inizia ad affiorare un certo nervosismo dopo che gli “umili servitori dello Stato” al servizio dei padroni di Italpizza sono stati colti con le mani nel sacco da quelle stesse telecamere che Orfello invoca nel suo comunicato quale “dotazione necessaria” sui caschi di ogni suo collega.
Ma i fatti hanno la testa dura e i video che in questi giorni hanno svelato agli occhi di migliaia di persone la brutalità della “squadra mobile” di Modena testimoniano che il “disgusto” provato dal SAP non è tanto verso le (giuste) parole usate dal coordinatore SI Cobas Simone Carpeggiani al consiglio comunale di Modena, quanto piuttosto verso le lotte operaie e lo strumento dello sciopero.
Questi signori odiano e disprezzano gli operai a tal punto da arrivare ad affermare che un atto vigliacco è meschino quale quello di gassare delle donne lavoratrici indifese e disarmate durante uno sciopero o spaccare 4 costole a un sindacalista sarebbe uno strumento necessario a tutelare la “sicurezza” e la “legalità”, magari indispensabile per evitare “un ritorno agli anni ’70”. Non sappiamo a quali anni’ 70 alludono i signori del SAP: a noi i pestaggi a freddo e l’accanimento su persone inermi quali quelli visti fuori ai cancelli di Italpizza ricordano sicuramente quello ed altri periodi oscuri: quelli dei servizi segreti deviati, delle collusioni e della complicità delle forze dell’ordine con le trame nere fasciste e stragiste, quelli (più recenti) della “macelleria messicana” di Genova 2001…
D’altronde, che una parte importante dei vertici istituzionali è della Questura di Modena facciano un tifo tutt’altro che disinteressato per i padroni schiavisti ed evasori della filiera agroalimentare modenese noi non lo scopriamo certo con la vertenza Italpizza, se è vero che tra coloro che invocano il pugno duro contro gli scioperi ci sono quegli stessi organi dello Stato democratico che ricevevano prosciutti dalla famiglia Levoni in cambio della compiacenza fiscale o che due anni fa esultavano come bambini assieme ai (loro) padroni per l’arresto di Aldo Milani dopo aver orchestrato quella che anche il Tribunale di Modena ha riconosciuto essere null’altro che una squallida montatura giudiziaria…
Ma l’odio antioperaio dei signori del SAP (cui si sono subito uniti i loro colleghi del Sulpl) è talmente cieco da perdere il senso di realtà, tanto da tentare addirittura di smentire le stesse telecamere in occasione della squallida aggressione a freddo nei confronti di Marcello Pini, laddove quest’ultimo viene accusato di aver proferito chissà quali offese nei confronti della Polizia mentre il video attesta in maniera inconfutabile come in quegli attimi il nostro responsabile locale non faceva altro che tentare di dissuadere e placare in maniera del tutto pacifica la furia delle “forze dell’ordine” contro le lavoratrici in sciopero.
Non è nostra intenzione aprire una diatriba col SAP: sarebbe un esercizio inutile in quanto parliamo lingue talmente diverse da rendere impossibile ogni reciproca comprensione delle rispettive tesi. E perché del resto si sa, alla fine della fiera “loro eseguono solo gli ordini” e dunque per loro in nome di quegli ordini è legittima ogni forma di violenza.
Per quanto ci riguarda, ci preme solo precisare che non siamo minimamente spaventati da ogni eventuale accertamento dei fatti nelle sedi giudiziarie competenti così come paventato dal signor Orfelli, tutt’altro…
Come organizzazione sindacale, più che discettare di ordine e disciplina con chi da sempre esegue solo gli ordini, ci interessa soffermarci sul profilo e la natura di chi quegli ordini li impartisce, nonché smascherare quell’ampia schiera di ipocriti ed opportunisti che di fronte a un attacco armato al diritto di sciopero preferiscono girare la testa dall’ altra parte, magari illudendosi che un tale trattamento sia riservato solo al SI Cobas e sperando di tratte qualche misero vantaggio dal clima di caccia alle streghe scatenato contro di noi.
Riguardo ai mandanti, non abbiamo dubbi che negli ultimi tempi a dar man forte alla storica e arcinota rete del malaffare modenese (padroni-Cooperative-vertici istituzionali locali e sindacati collusi) sia giunto in soccorso il governo centrale e il Ministero degli interni, che da un lato, con il decreto-sicurezza 1 e 2, hanno definitivamente messo fuorilegge gli scioperi e le lotte sociali e dall’altro, con lo “Sblocca cantieri”, hanno dato ai padroni ancor più mano libera sulla gestione di appalti e subappalti.
Basta limitarsi alla cronaca dell’ultima settimana per capire che i cancelli di Italpizza siano solo la punta dell’iceberg di una guerra senza esclusione di colpi contro il sindacalismo conflittuale e in particolare il SI Cobas: dal “cordone sanitario” messo in piedi il 14 giugno a Napoli dalla Questura per impedire la nostra partecipazione alla manifestazione dei metalmeccanici ai ripetuti agguati avvenuti alla Gruccia Creations di Prato contro gli operai in sciopero attraverso una “santa alleanza” tra poliziotti e picchiatori privati al servizio dei padroni del distretto cinese, fino ad arrivare alla Bellentani (ancora Modena) laddove il padrone ha assunto direttamente una squadra via di mercenari per provocare ed aggredire i nostri iscritti all’interno dell’azienda…
Lo abbiamo affermato già in tempi non sospetti: la crisi spinge la borghesia e il loro stato a gettare la maschera e a liberarsi di ogni orpello democratico pur di mantenere intatto il loro dominio su milioni di lavoratori e sull’intera società, e questa tendenza porta inevitabilmente a sostituire lo “stato di diritto” con lo stato di polizia al fine di schiacciare ogni resistenza e ogni opposizione operaia.
D’altronde, in queste ore ci ha pensato il “signor” Barbagallo, il mister 300 mila euro l’anno segretario della Uil, a chiarire i termini della questione: per evitare danni ai suoi poveri amici padroni, l’unico sciopero consentito dovrà essere quello “virtuale”, vale a dire che se un operaio è sfruttato, affamato o ricattato, potrà scioperare solo… andando ugualmente a lavorare ma senza essere pagato. Il tutto, precisa il signor 300 mila euro l’anno, “per fermare quei facinorosi dei sindacati di base”…
Che un orrore del genere provenga non dalle menti di un esponente del governo, bensì da un autorevole esponente del cosiddetto “fronte democratico” e antisalviniano di professione, la dice lunga sul fatto come la posta in palio delle dispute elettorali e dei finti scioperi della triplice confederale verta solo ed unicamente sul nome e sulla tinteggiatura esteriore dei musicanti, mentre lo spartito resta sempre lo stesso. Non è un caso che questi personaggi, sempre puntuali a lagnarsi in parlamento o sulla stampa per le malefatte del governo, fuori ai cancelli in cui si consuma quotidianamente la mattanza dei diritti sul lavoro, non si vedono mai: ciò non ci sorprende, se è vero che la cosiddetta “sinistra” è stata artefice e complice dell’attacco ai diritti dei lavoratori ben prima (e talvolta ancor più) di Salvini.
Ma fuori ai cancelli non si vedono neanche le “anime belle” del M5S, quelle che pur di raccattare qualche consenso si spacciano per amiche dei lavoratori e fanno persino (sic!) interrogazioni parlamentari contro il caporalato o lo “scandalo Italpizza”, per poi abbassare la testa un minuto dopo e continuare a dire signorsi a ogni provvedimento reazionario del duo Di Maio-Salvini.
La nostra denuncia condotta dal SI Cobas al consiglio Comunale di Modena non è stata contro questo o quel partito o amministrazione, quanto contro il sistema nel suo complesso: un sistema fondato sullo sfruttamento che, come una piovra, ha i suoi tentacoli ben affondati nell’intero arco politico-istituzionale.
La lotta in Italpizza contro la contrattazione pirata e i salari differenziati prosegue, malgrado la Cgil col suo ennesimo voltafaccia abbia abbandonato lo sciopero andandosi a sedere a un tavolo di trattativa che non ha prodotto nulla.
La lotta prosegue non perché lo decide il SI Cobas, ma perché le leonesse di Italpizza che sono in prima fila da mesi fuori ai cancelli meritano un esistenza di gran lunga più dignitosa di quella schiavitù che finora le hanno prospettato padroni, politici e sindacati collusi. Con buona pace del SAP e delle nostalgie del ventennio che continuano albergare in buona parte della Questura di Modena.
SI Cobas nazionale