Italpizza, annunciato l’accordo tra azienda e sindacati confederali. Reggerà?

E così, dopo quasi dieci mesi passati davanti ai cancelli, la vertenza Italpizza si avvia in qualche modo verso un primo, ipotetico, accordo ufficiale, dopo quelli di base già firmati in prefettura e disattesi dall’azienda.

Un tavolo lunghissimo – 15 ore di trattativa – dal quale viene escluso, tuttavia, l’unico sindacato che quella vertenza l’aveva cominciata e portata avanti con determinazione, il SiCobas, il quale scrive in una nota:

La sottoscrizione dell’accordo tra Italpizza e i sindacati confederali sancisce la vittoria delle lotte operaie condotte dal S.I. Cobas per 9 lunghi mesi davanti ai cancelli. Una vittoria di principio: anche se esclusi dalle trattative, il fronte padronale è stato costretto a riconoscere la legittimità e correttezza delle rivendicazioni promosse dal nostro sindacato su contratto alimentare ed assunzioni dirette.

Una vittoria politica: il Sistema-Modena, quel sistema in cui politica, istituzioni, caporalato industriale e malavita si intrecciano fino a diventare indistinguibili, è stato piegato dalla forza e dalla determinazione della lotta. Senza scioperi, senza blocchi delle merci e senza la vasta campagna di solidarietà, Italpizza e Confindustria mai avrebbero concesso alcun diritto ai lavoratori. Ancora una volta viene dimostrato come “solo la lotta paga

Si tratta invece di una vittoria sprecata dal punto di vista sostanziale: in pratica nel 2022 una parte dei lavoratori tornerà alle stesse condizioni contrattuali sottopagate del 2015 (il livello minimo Alimentare) prima dell’accordo truffa firmato sempre da Cgil-Cisl-Uil che aveva fatto passare tutti al contratto Pulizie/Multiservizi. La restante parte dei lavoratori manterrà il contratto di Pulizie o avrà il livello minimo della Logistica. In termini retributivi significa che invece dei 450 euro lordi mensili che dovevano essere riconosciuti subito, si arriverà in 3 anni ad averne appena 100, e solo per una parte degli addetti. Il nostro sindacato rigetta infine ogni accordo nel quale vengano divisi i lavoratori, come in questo caso: chi lavora nell’industria alimentare deve avere il contratto dell’industria alimentare, senza ulteriori distinzioni, così come ottenuto grazie alle lotte nel distretto carni. Dividere i lavoratori è una strategia che rafforza gli interessi dei padroni, non quelli degli operai. Il S.I. Cobas manterrà alta la guardia, continuando la lotta per l’estensione dei diritti a tutte e tutti, senza fare un passo indietro.

Soddisfatti invece i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil) che dichiarano, quasi riprendendo alla lettera le dichiarazioni del sindaco:

«Un buon risultato che può garantire al nostro territorio le condizioni per un ulteriore sviluppo dell’impresa, con prospettive positive anche per l’occupazione e la qualità del lavoroSindaco.

«Si è lavorato con l’obiettivo di superare il modello di appalto completo delle lavorazioni ripristinando le corrette sfere di applicazione contrattuale. Il percorso è ancora lungo e sono necessari ulteriori passaggi, ma la gestione contrattuale degli oltre 1000 lavoratori è complessa. L’accordo punta a coniugare la sostenibilità produttiva e occupazionale del sito con la qualità del lavoro.» Cgil, Cisl e Uil.

E ad applaudire all’accordo siglato, oltre al sindaco e Cgil, Cisl e Uil c’è anche la grottesca pagina filo-aziendale NoCobas (che non  linkiamo), ultima nata di una serie di piccole pagine Facebook con pubblicazioni denigratorie degli scioperi e delle iniziative in solidarietà che seguono la falsariga delle dichiarazioni dello scorso inverno di Antonio Montanini (Imprenditore, ex consigliere comunale corso alle ultime amministrative con la lista Cambia-Modena in sostegno all’attuale maggioranza, spesso presente in veste informale all’interno dell’azienda negli ultimi mesi). Per quanto la fonte sia marginale e informale, i contenuti proposti sono espressi in maniera piuttosto chiara e diretta:

«Sono buone notizie per tutte le famiglie dei lavoratori che lavorano ad Italpizza, ormai una delle realtà industriali più importanti di Modena. Un percorso di legalità rispetto all’odio politico e sociale generato dai Si Cobas. Il traguardo è la crescita dell’azienda a livello nazionale ed internazionale.
Un modello di relazioni industriali e sindacali, con il sostegno delle istituzioni locali, che permette di generare sviluppo per il territorio.
Questo è sindacato, questa è politica, questo è sviluppo. Non l’inutile odio dei Si Cobas.»

Insomma, sembra che a Modena tutti remino in una sola ed unica direzione ad eccezione del “famigerato” Sindacato Intercategoriale Cobas, senza il quale però, cosa che più o meno tutti omettono in questo clima di “pacche sulle spalle” e di grande apprezzamento generale, questo accordo migliorativo (ancora sulla carta) per la salute e le tasche dei lavoratori non sarebbe mai stato nemmeno ipotizzabile.

Reggerà l’accordo siglato all’impatto con una realtà che pone al primo posto  la “sostenibilità produttiva” e la “crescita dell’azienda a livello nazionale ed internazionale?”

Staremo a vedere, nel frattempo questa settimana non accennano a fermarsi gli scioperi  nelle aziende dei distretti modenesi così come le iniziative in solidarietà alla lotta di Italpizza.

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Solidarietà ai “colleghi” di Italpizza dagli operai del Panificio Toscano di Prato.

Italpizza: interviene il sindaco intanto dentro all’azienda…

Dopo nove mesi di silenzio quasi ininterrotto, il Comune di Modena, uscendo dall’ombra con una nota Facebook  del sindaco Gian Carlo Muzzarelli nella quale è taggato anche l’assessore al Lavoro Andrea Bosi, interviene sulla vertenza Italpizza.

«Passi avanti» e soddisfazione per un tavolo istituzionale, svolto lunedì 8 luglio, tra Comune, sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil), Confindustria e il delegato di Italpizza Andrea Bondioli.

 

Con un operazione tutta “politichese”, la prima frase uscita da quel tavolo, parla di una generica «condanna di ogni forma di violenza e di offesa» unita a una «difesa del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero» dove, con la prima, con un chiaro intento di rovesciare la realtà, si va ad additare subdolamente chi in questi  mesi ha portato avanti realmente la vertenza, il SiCobas, che «violenze e offese» le ha subite effettivamente e non esercitate, mentre, con la seconda, si va ad evocare qualcosa di totalmente negato nei fatti a colpi di lacrimogeni, manganelli e silenzio istituzionale. Dopo la premessa, arrivano le pillole di ottimismo somministrate in funzione anestetica e tra espressioni come «la qualità del “made in Modena” deve avere come elemento qualificante anche la qualità del lavoro» si lascia intendere che l’azienda abbia deciso di «internalizzare parte del processo produttivo anche con l’obiettivo di ridurre il ricorso ai lavoratori in appalto.»

Il riferimento è chiaramente al tavolo di sito di giovedì 4 luglio che riuniva, presso la sede di Confcooperative:  Italpizza, le cooperative Cofamo ed Evologica, i sindacati confederali con le rispettive categorie, Confindustria, Confcooperative e Legacoop. In pratica tutti, a parte chi i lavoratori li aveva organizzati veramente e portati a protestare davanti ai cancelli dell’azienda, il SiCobas, escluso da ogni trattativa quasi come fosse un “appestato” intorno al quale stringere un “cordone sanitario” per evitare che le giuste richieste dei lavoratori diventino “contagiose”.

A “trattare” c’è infatti chi dalla vertenza e dalle lotte ai cancelli si è sempre tenuto alla larga, Cgil, Cisl e Uil (tranne forse la Cgil che qualche giorno d’agitazione l’ha indetto) anche se sul piatto c’è proprio quel passaggio dal contratto multiservizi a quello alimentare che, dal principio, aveva caratterizzato proprio le richieste del SiCobas.

Oggi, dopo le parole del sindaco Muzzarelli,  tutto sembra possibile, anche l’impensabile disponibilità dell’azienda a “re-integrare parte delle attività in appalto con un progressivo inquadramento al contratto alimentare.” Per la cooperativa Cofamo, invece, si parla di un contratto merci-logistica mentre per le tempistiche si discute, per l’appunto,  di “inquadramento progressivo” e di  “step successivi”. Si prende tempo in sostanza, in attesa di limare gli ultimi dettagli e di conoscere le eventuali tempistiche nell’incontro del 16 luglio.

Intanto, lo stabilimento di San Donnino risulta chiuso (avrebbe chiuso il 4 luglio, in concomitanza con il primo tavolo a Confcooperative) così può capitare di incontrare, in giro per la città, qualcuno che vi lavora all’interno.  La situazione è la stessa di prima, «di merda» – ci viene detto – mentre sulle linee di farcitura (quelle interessate proprio dal contratto alimentaristi) si starebbe testando l’utilizzo di nuovi robot che se impiegati ridurrebbero in modo considerevole l’impiego di manodopera.

In pratica se, al suo esterno, l’azienda “apre” effettivamente al contratto alimentaristi, al suo interno si comincia a testare un tipo di automazione che le consetirebbe di continuare a incrementare il fatturato eliminando direttamente i lavoratori. Fosse così, quando finalmente si passerà al contratto alimentaristi questo potrebbe valere, si e no, per una ventina di lavoratori – ci viene raccontato da chi, su quelle linee, ci lavora effettivamente.

Tutto si riduce a una questione di tempi, alla fine dei conti, ma come afferma il sindaco: «lo sviluppo di Italpizza, che si sta preparando a nuovi investimenti, rappresenta anche un veicolo di crescita per il territorio e per l’occupazione di qualità

 

 

Italpizza: arriva la parlamentare Stefania Ascari

Dopo otto mesi di sciopero per la regolarizzazione degli orari di lavoro e l’applicazione del contratto alimentare, oggi davanti ai cancelli di Italpizza si è presentata una delegazione cinque stelle con la parlamentare Stefania Ascari. Continua a leggere Italpizza: arriva la parlamentare Stefania Ascari

Aspettando il tavolo di trattativa non si ferma la vertenza Italpizza

Dopo il presidio con conferenza stampa di fronte alla questura di Modena, nella giornata di mercoledì , è proseguito questa mattina il picchetto davanti i cancelli di Italpizza.

Di seguito riportiamo il comunicato dalla pagina facebook “Sciopero Italpizza” Continua a leggere Aspettando il tavolo di trattativa non si ferma la vertenza Italpizza

Ancora repressione a Modena. Colpiti tre ragazzi che contestavano il G7.

Questa mattina, all’alba, la Digos di Modena ha bussato alla porta di tre ragazzi, due lavoratori e uno studente, li ha prelevati dalle loro case e li ha portati in Questura.

L’operazione repressiva, si scopre ben presto,  non interessa solo Modena, l’indagine infatti è coordinata dalla Procura di Torino, dal procuratore aggiunto Emilio Gatti e dalla pm Manuela Pedrotta e vede operazioni di polizia svolgersi anche in altre città: Venezia, Torino, Firenze, Bari e Val Susa. Bersaglio dell’operazione: il G7 di Venaria del settembre 2017, fuori Torino, con la mobilitazione “Reset G7” contro la calata alle porte del capoluogo piemontese dei ministri dei Paesi G7 di Industria, Economia e Lavoro. 17 misure cautelari, 7 arresti domiciliari, 10 obblighi di firma e altri 52 indagati tra le carte della Procura di Torino. Tra le persone colpite ben nove risultano esponenti del centro sociale Askatasuna mentre i tre di Modena fanno riferimento al Collettivo Guernica.

Verso le 12 i giovani fermati all’alba vengono rilasciati con un obbligo di firma tre volte la settimana.

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A loro va tutta la più incondizionata  solidarietà della redazione di Senza Quartiere. Alleghiamo inoltre il comunicato del centro sociale askatasuna il più colpito dalla repressione odierna.

Stamattina è scattata una vasta operazione di polizia tra Modena, Venezia, Torino, Firenze, Bari, Roma e la Val Susa. Diciotto le persone colpite da diverse misure cautelari, tra cui sette arresti domiciliari e dieci obblighi di firma.

Al centro delle indagini, le frizzanti giornate di contestazione del G7 del Lavoro voluto dal ministro Poletti, ultima tappa dell’infelice parabola di governo renziana che sarebbe rovinosamente finita qualche mese dopo tra fischi, sberleffi e proteste.
Era il settembre del 2017 e, a scanso di equivoci sul carattere decadente di una riunione di notabili degna dell’Ancien regime, i responsabili di jobs act e buona scuola si riunivano nella Reggia di Venaria per discutere di come continuare l’opera di taglio ai diritti dei lavoratori. Nel frattempo, per due giorni consecutivi, migliaia di manifestanti avevano invaso le strade di Torino prima e di Venaria poi, denunciando le responsabilità politiche di una classe dirigente che ha messo in ginocchio generazioni intere di giovani col ricatto della disoccupazione mentre toglieva le poche sicurezze rimaste a chi aveva già un lavoro. Simbolo della protesta, delle enormi brioche di gomma piuma brandite dai manifestanti non solo per ricordare la famosa frase di Maria Antonietta davanti al popolo affamato ma anche a monito dell’inevitabile destino dei potenti quando si fanno sordi alle rivendicazioni di vecchi e nuovi sans culottes.

Al centro dell’attenzione della DIGOS, evidentemente fino a oggi troppo impegnata a rimuovere striscioni contro il ministro Salvini, c’è il corteo studentesco del 29 settembre, l’assedio notturno al lussuoso hotel NH di piazza Carlina dove speravano di dormire sonni tranquilli i ministri e il corteo del 30 settembre col suo tentativo di raggiungere la reggia durante la conferenza stampa finale di Poletti.

Al netto di un linguaggio guerresco degno di un war movie di serie B, la procura di Torino contesta ai manifestanti quello che è effettivamente al giorno d’oggi il peggiore dei delitti: aver fatto seguire alle parole i fatti, disturbando “il regolare svolgimento del vertice”.

Nell’ordinanza ritroviamo anche tutta la batteria di psicoreati contro i “facinorosi” (cit.) che abitano le fantasie della polizia italiana. Un teatro in cui recitano “istigatori e coordinatori” con veri e propri superpoteri. Persone a cui non vengono neanche contestate singole “condotte delittuose” ma che “con la loro semplice presenza” fungerebbero “da avvallo” agli altri manifestanti “galvanizzando i materiali esecutori”. Alcuni compagni sono accusati così di “concorso morale” semplicemente per essere stati presenti in un corteo in cui ci sono stati scontri con le forze dell’ordine, ad altri viene contestato l’aver parlato con qualcuno che poi qualche minuto dopo sarebbe stato riconosciuto nel tentativo di sfondare un cordone di polizia, altri ancora non si capisce bene dove dovrebbero mettersi visto che quando si trovano “nelle retrovie” lo fanno per svolgere “un’opera di supervisione e controllo”, quando invece sono davanti si trovano lì “a mo di incitamento e garanzia”.

Insomma, un’operazione arraffazzonata e tutta politica per colpire il dissenso sociale, in cui sono stati presi di mira diversi notav, che arriva a quasi due anni dai fatti dl g7 ma, esattamente come l’anno scorso, a pochi giorni dal festival alta felicità in Val di Susa in cui sono annunciate nuove contestazioni contro il supertreno.

Il tutto proprio nei giorni in cui la retorica della legalità si fa sempre più traballante con lo scandalo delle nomine al CSM e le udienze sulla cricca dei favori della procura di Torino, che vede al centro dello scandalo proprio il PM Rinaudo, responsabile in questi anni di decine di processi politici contro attivisti torinesi e valsusini

A differenza dei PM impegnati nella loro consueta caccia ai fantasmi, noi nelle giornate di contestazione al G7 abbiamo visto incarnarsi una forza ben reale e collettiva, capace di esprimersi, indicare chiaramente responsabilità e dare un’indicazione politica minima necessaria: basta incontri a porte chiuse, basta decisioni prese sulla testa dei lavoratori e delle lavoratrici.
Tantissimi giovanissimi, molti alla loro prima manifestazione, hanno preso parola a partire delle proprie condizioni di vita, parlando di un futuro negato e dell’angoscia davanti a un lavoro che nel nostro paese è ormai diventato semplicemente un ricatto senza alternative. Accanto a loro sindacalismo di base, facchini, lavoratrici dei servizi, persone intrappolate nel meccanismo delle false coop che hanno sfilato portando, per una volta, in piazza il proprio quotidiano sfruttamento.

Ci sembra che sempre più persone se ne rendono conto oggi, disobbedire alle leggi ingiuste è necessario, non si può abbassare la testa di fronte ai soprusi dei potenti.

Come recitava uno degli striscioni, NOI GIGANTI VOI 7 NANI! FORZA E CORAGGIO COMPAGNE/I! TUTTE/I LIBERE/I!

Ancora repressione a Italpizza. Fermati due delegati sindacali, uno tratto in arresto.

Giovedì 27 giugno.

A una settimana esatta dalla protesta dei lavoratori in Consiglio comunale e da un intervento in Parlamento dell’onorevole Stefania Ascari sul caso Italpizza, dopo che da giorni (da lunedì per l’esattezza), ininterrottamente, davanti a quell’azienda viene schierata la celere e vengono lanciati lacrimogeni in quantità industriale (senza che nessun giornale cittadino ne dia notizia), due delegati sindacali del SiCobas vengono presi, ammanettati e portati in questura.

È l’escalation di una situazione che tutti in città (dalla politica ai mezzi d’informazione per finire alla Cgil) continuano intenzionalmente ad ignorare.

D95OsYjXUAAoGWX.jpg largeLa Vignolese rimane un’arteria sostanzialmente congestionata mentre Italpizza è un’azienda di fatto completamente militarizzata. Basta passarci anche solo una volta davanti per comprenderlo e, novità di questa settimana, sono comparse addirittura le vedette della Digos sui tetti dell’azienda.

Se la politica balbetta, quando non rimane proprio silente, e giornali e mondo dell’informazione cittadina se ne stanno ben defilati, la quantità di carabinieri, polizia e municipale che ogni giorno interviene davanti a quei cancelli suggerisce che la vertenza non è proprio delle più insignificanti.

Voci di corridoio affermano che se dovesse passare il modello Italpizza (“eccellenza” del territorio modenese), col contratto multiservizi mantenuto al posto di quello alimentare, allora pure altre multinazionali attive nel settore agroalimentare che operano oggi in Italia si sentirebbero autorizzate a passere a contratti di questo tipo. Ecco la posta in gioco, in soldoni, di quello che accade da più di sette mesi nei pressi dello stabilimento di San Donnino.

Se questo è il contesto nel quale si inseriscono gli arresti di oggi, la dinamiche denunciate dal sindacato SiCobas, in un intervento corredato da un video sulla sua pagina facebook, sono piuttosto inquietanti:

Davanti ai cancelli di #Italpizza la situazione è ormai insostenibile: dopo le denunce del sindacato sui continui abusi di potere, pestaggi e minacce contro operai e rappresentanti sindacali, la Questura di Modena sceglie di alzare il livello dello scontro.
La violenza contro il picchetto cresce di ora in ora, con l’uso massiccio di manganelli e gas CS lanciati in pieno volto alle persone sedute a terra, i funzionari Digos danno ordini ai celerini: “Oggi dobbiamo arrestarne 10! Prendeteli!”.

Per supportare gli arresti ci vogliono dei motivi: è così che carabinieri e polizia fanno la coda al Pronto Soccorso per farsi refertare improbabili traumi e contusioni. È chiaro che si tratta di fake news: dove sono i lanci di sassi? Dove sono le aggressioni? Le uniche immagini che continuano a giungere da Strada Gherbella mostrano decine di energumeni coperti da placche in kevlar, caschi, scudi e maschere antigas che aggrediscono operai ed operaie a mani nude, fermi davanti ai cancelli o ai camion.

In questo momento due delegati sindacali del S.I. Cobas, sono in stato di fermo in Questura. Non sappiamo ancora con quali accuse. I funzionari Digos minacciano di trattenerli fino a ché non verrà soppresso lo sciopero.
Altri due operai, feriti durante le cariche di questa mattina, sono stati minacciati dalla polizia in ospedale, mentre venivano curati.

Ribadiamo ancora una volta che questo è il risultato della vergognosa strategia concertata tra azienda, Confindustria e Cgil-Cisl-Uil per escludere il S.I. Cobas dalle trattative.
Che sia chiaro però: non è più possibile normalizzare il Sistema-Modena, non è più possibile far calare il silenzio sul vergognoso sistema di sfruttamento che da trent’anni opprime il nostro territorio!

Nel primo pomeriggio, davanti alla Questura di Modena un nutrito presidio di lavoratorio domanda e attende la liberazione dei due fermati (entrambi delegati sindacali della Gls di Modena).

Chi è al presidio racconta di lacrimogeni (a granata) finiti già alle dieci di mattina e di agenti costretti a utilizzare quelli che si lanciano con gli appositi fucili. Racconta di un’ambulanza, vista arrivare in un momento di relativa calma, che carica qualche poliziotto e se ne va mentre i due fermati vengono arrestati in una situazione in cui si trovavano isolati dagli altri, senza testimoni né telefonini in grado di riprendere quanto effettivamente avvenendo.

Un primo fermato verrà rilasciato con un plico di denuncie già nel pomeriggio mentre l’altro, C. M. lavoratore e padre di due figli, verrà trattenuto in stato d’arresto con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni.

Il sindacato SiCobas, inoltre, sempre su Facebook, denuncia come le accuse mosse al delegato tratto in arresto non avrebbero altri testimoni se non la polizia (allegando alle affermazioni altre due foto).

 Durante il fermo si è sentito male, un’ambulanza l’ha prelevato dagli uffici della Questura e portato in ospedale. Qui è rimasto piantonato come un criminale (foto 1), mentre i carabinieri facevano la fila per farsi refertare improbabili traumi (foto 2) utili a giustificare gli arresti.

Dall’ospedale C. è stato portato in cella. Domattina viene processato per direttissima.
A lui e alla sua famiglia tutta la solidarietà del sindacato.

La lotta continua. Indietro non si torna!

Arresti che sembrano “preparati”, stando a quello che denunciano i lavoratori in sciopero, e visto quanto accaduto non troppo tempo fa a Modena con l’arresto (poi con l’assoluzione) di Aldo Milani, quanto accaduto oggi dovrebbe far drizzare quantomeno le antenne a quanti ancora professano o proclamano una sorta di impegno civile.

Modena sta marcendo e davanti ai cancelli di San Donnino si sta consumando qualcosa di un po’ più ampio di una semplice vertenza sindacale.

 

Critical Mass,un giro in bici per le roventi vie cittadine

Riceviamo e pubblichiamo un contributo sulla Critical Mass che si è tenuta venerdí scorso per le strade della cittá.

Gli organizzatori di questa manifestazione erano FIAB Modena, Ciclofficina Popolare e Comitatissimo della Balorda.

Il programma era un percorso da Novi Sad a Piazza Grande con lettura finale di pezzi dei programmi elettorali e promesse del comune, fatte nella precedente legislatura e non portati a termine o non presi minimamente in considerazione.

Il giro è stato molto lungo. Dal Novi Sad si è passati per Viale Storichi, Jacopo Barozzi, Via Giardini, Via della Pace, Via Sassi, Viale Don Minzoni, Viale Bonacini, Via Divisione Acqui, Via Nonantolana, cavalcavia del Tempio, Via Vittorio Emanuele, via Cesare Battisti ribattezzata, per sua sfortuna durante il primo Motor Vally Fest, la strada dei Motori e ingresso finale in Piazza Grande

Un giro molto lungo che ha portato all’occupazione anche di intere corsie e 3 rotatorie, (in particolare quella tra Via Bonacini, Divisione Acqui e Morandi, quella della Maserati e quella del Principe/Tempio) tra le reazioni più o meno estreme degli automobilisti.
Da segnalare un momento abbastanza critico all’incrocio della Nonantolana dove un SUV è sbroccato abbastanza tentando di investire i manifestanti in bicicletta.

Diciamo che la cosa in sé ha dimostrato come con un’ottantina di bici si possa mandare in tilt il traffico a Modena. Le rotatorie sono state occupate per 2/3 giri (4/5 minuti a dir tanto) e questo ha generato code lunghissime e reazioni degne di un western da parte degli automobilisti.
Il servizio d’ordine è stato gestito dai ragazzi della Balorda ma ecco, non è che sia stata un’iniziativa proprio family e baby frinedly, visto che più volte qualche automobilista ha sbroccato sgasando e accellerando (oltre alle bestemmie).

Il percorso abbastanza lungo e a tratti pericoloso ha fatto abbandonare, durante la manifeatazione, un po’ di aderenti (vuoi perché avevano altri appuntamenti, vuoi perché stanchi, vuoi perché con bambini).
La Critical Mass si è conclusa in Piazza Grande con la lettura del programma elettorale della precedente amministrazione, difficile da seguire non avendo una traccia sotto ed essendo l’audio un po’ lofi, insomma un finale discreto.
Da notare la partecipazione della consigliera all’ambiente Filippi , rimasta fino alla fine, che si faceva bellamente le sue chiacchiere (durante il momento di piazza) e non sappiamo quanto possa aver seguito le fasi finali dell’iniziativa.
Pensiamo che questa critical mass sia servita principalmente a dimostrare come in 5 minuti e con quasi un centinaio di biciclette si possa mandare in tilt il traffico di una cittá che ospita quasi 200.000 mila persone.
Per il futuro si auspicano maggiori iniziative di questo tipo che riescano a coinvolgere sempre più persone nell’ottica di sensibilizzare fortemente l’uso della bicicletta e la messa in critica di un modello di sviluppo che prende e non restituisce nulla al territorio. Modena è piccola e molto più agevole da girare in bici che non in auto!

La prossima volta la presenza di assessori o politici non dovrá essere solo uno specchietto per le allodole ma una presenza credibile che non difenda gli interessi di chi propone un determinato modello per la cittá.

Italpizza, dai cancelli la protesta arriva in Comune, poi interrogazione in Parlamento.

Dopo più di sette mesi, un interrogazione parlamentare, svariate giornate di sciopero, un paio d’accordi firmati in Prefettura non rispettati dall’azienda e una convocazione presso il Ministero del Lavoro disertata dalla stessa, la vertenza Italpizza sembra ancora lontana dall’essere risolta.

Anche questa settimana, infatti, davanti ai cancelli dello stabilimento di San Donnino, è andato in scena il solito copione di repressione antioperaia. Cariche, minacce, denunce e circa un centinaio di lacrimogeni lanciati in soli tre giorni per quella che risulta ormai essere una gestione manu militari di una delle “eccellenze del territorio” e del “Made in Italy”.

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Una lavoratrice svenuta e portata via in ambulanza con la polizia che la seguirà fino in ospedale per identificarla assieme alle compagne. Poi ancora l’auto di un delegato sindacale ritrovata danneggiata (vedi foto a fianco), dopo che già lo scorso mese, alla vigilia dell’incontro al Ministero del Lavoro, un’auto di un altro delegato era stata data alle fiamme per intimidazione. Fatti che se fossero successi ad un altra latitudine in Italia, avrebbero generato ben altro scalpore e definizioni indubbiamente più precise di quelle timide e indifferenti mostrate a Modena nonostante le tonnellate di retorica spese sulla legalità.

Così, nella giornata di giovedì, dopo la consueta dose di lacrimogeni e repressione una delegazione di lavoratrici entrava in Consiglio comunale (il primo della nuova consiliatura) nel tentativo di interrompere quel silenzio istituzionale sulla vertenza che durava da troppo tempo e di denunciare  quanto stava avvenendo, ormai da tre giorni davanti ai cancelli di Italpizza, con le continue e ripetute minacce e le violenze della celere contro il picchetto dei lavoratori.

Una volta interrotto il consiglio comunale la delegazione ottiene un colloquio con l’assessore Bosi, eletto in quota Sinistra per Modena. Nel colloquio con quest’ultimo l’assessore dichiara alla delegazione che non ha abbastanza elementi per intervenire sull’argomento, che ha già incontrato altri lavoratori (quali non si sa, perché chi è in presidio davanti all’azienda da più di sette mesi dichiara di non averlo mai visto) e infine, ripetendo a più riprese che il Comune si pone a difesa dei posti di lavoro (badare bene alla sfumatura, a difesa dei posti di lavoro non dei lavoratori).

E, dopo essere approdata al Comune di Modena, la vertenza Italpizza torna a farsi sentire anche in Parlamento con l’intervento della deputata del Movimento 5 Stelle, Stefania Ascari:  «È una vicenda che seguo da tempo e la considero una ferita aperta per il mio territorio. Per questo ieri sono intervenuta in Aula per ribadire che questi lavoratori non sono soli, personalmente mi impegnerò con forza affinché la proposta di legge che ho co-firmato e abbiamo depositato sia presto discussa e approvata.»  

Se è difficile riporre un minimo di fiducia  in un Parlamento che ha visto ormai completamente svuotate le sue prerogative e se in città, in Giunta e in Consiglio comunale, si continua a far finta di non vedere, schierandosi poi di fatto apertamente con Italpizza, chi parla senza mezzi termini è il sindacato autonomo di polizia Sap il quale si scaglia contro le ricostruzioni degli eventi davanti ai cancelli dell’azienda e, al tempo stesso, ringrazia il sindaco Muzzarelli per l’elogio «al contributo della Questura di Modena alla sicurezza della città.»

In merito a queste dichiarazioni pubblichiamo di seguito il comunicato del SiCobas nazionale che ci sembra abbastanza significativo:

TANTO PIOVVE CHE TUONÓ.

Il SAP DI MODENA ESCE ALLO SCOPERTO E RIVENDICA LA MATTANZA CONTRO I SINDACALISTI DEL SI COBAS E LE OPERAIE ITALPIZZA.

Evidentemente negli piani alti della Polizia di Stato inizia ad affiorare un certo nervosismo dopo che gli “umili servitori dello Stato” al servizio dei padroni di Italpizza sono stati colti con le mani nel sacco da quelle stesse telecamere che Orfello invoca nel suo comunicato quale “dotazione necessaria” sui caschi di ogni suo collega.

Ma i fatti hanno la testa dura e i video che in questi giorni hanno svelato agli occhi di migliaia di persone la brutalità della “squadra mobile” di Modena testimoniano che il “disgusto” provato dal SAP non è tanto verso le (giuste) parole usate dal coordinatore SI Cobas Simone Carpeggiani al consiglio comunale di Modena, quanto piuttosto verso le lotte operaie e lo strumento dello sciopero.
Questi signori odiano e disprezzano gli operai a tal punto da arrivare ad affermare che un atto vigliacco è meschino quale quello di gassare delle donne lavoratrici indifese e disarmate durante uno sciopero o spaccare 4 costole a un sindacalista sarebbe uno strumento necessario a tutelare la “sicurezza” e la “legalità”, magari indispensabile per evitare “un ritorno agli anni ’70”. Non sappiamo a quali anni’ 70 alludono i signori del SAP: a noi i pestaggi a freddo e l’accanimento su persone inermi quali quelli visti fuori ai cancelli di Italpizza ricordano sicuramente quello ed altri periodi oscuri: quelli dei servizi segreti deviati, delle collusioni e della complicità delle forze dell’ordine con le trame nere fasciste e stragiste, quelli (più recenti) della “macelleria messicana” di Genova 2001…
D’altronde, che una parte importante dei vertici istituzionali è della Questura di Modena facciano un tifo tutt’altro che disinteressato per i padroni schiavisti ed evasori della filiera agroalimentare modenese noi non lo scopriamo certo con la vertenza Italpizza, se è vero che tra coloro che invocano il pugno duro contro gli scioperi ci sono quegli stessi organi dello Stato democratico che ricevevano prosciutti dalla famiglia Levoni in cambio della compiacenza fiscale o che due anni fa esultavano come bambini assieme ai (loro) padroni per l’arresto di Aldo Milani dopo aver orchestrato quella che anche il Tribunale di Modena ha riconosciuto essere null’altro che una squallida montatura giudiziaria…

Ma l’odio antioperaio dei signori del SAP (cui si sono subito uniti i loro colleghi del Sulpl) è talmente cieco da perdere il senso di realtà, tanto da tentare addirittura di smentire le stesse telecamere in occasione della squallida aggressione a freddo nei confronti di Marcello Pini, laddove quest’ultimo viene accusato di aver proferito chissà quali offese nei confronti della Polizia mentre il video attesta in maniera inconfutabile come in quegli attimi il nostro responsabile locale non faceva altro che tentare di dissuadere e placare in maniera del tutto pacifica la furia delle “forze dell’ordine” contro le lavoratrici in sciopero.

Non è nostra intenzione aprire una diatriba col SAP: sarebbe un esercizio inutile in quanto parliamo lingue talmente diverse da rendere impossibile ogni reciproca comprensione delle rispettive tesi. E perché del resto si sa, alla fine della fiera “loro eseguono solo gli ordini” e dunque per loro in nome di quegli ordini è legittima ogni forma di violenza.
Per quanto ci riguarda, ci preme solo precisare che non siamo minimamente spaventati da ogni eventuale accertamento dei fatti nelle sedi giudiziarie competenti così come paventato dal signor Orfelli, tutt’altro…

Come organizzazione sindacale, più che discettare di ordine e disciplina con chi da sempre esegue solo gli ordini, ci interessa soffermarci sul profilo e la natura di chi quegli ordini li impartisce, nonché smascherare quell’ampia schiera di ipocriti ed opportunisti che di fronte a un attacco armato al diritto di sciopero preferiscono girare la testa dall’ altra parte, magari illudendosi che un tale trattamento sia riservato solo al SI Cobas e sperando di tratte qualche misero vantaggio dal clima di caccia alle streghe scatenato contro di noi.

Riguardo ai mandanti, non abbiamo dubbi che negli ultimi tempi a dar man forte alla storica e arcinota rete del malaffare modenese (padroni-Cooperative-vertici istituzionali locali e sindacati collusi) sia giunto in soccorso il governo centrale e il Ministero degli interni, che da un lato, con il decreto-sicurezza 1 e 2, hanno definitivamente messo fuorilegge gli scioperi e le lotte sociali e dall’altro, con lo “Sblocca cantieri”, hanno dato ai padroni ancor più mano libera sulla gestione di appalti e subappalti.
Basta limitarsi alla cronaca dell’ultima settimana per capire che i cancelli di Italpizza siano solo la punta dell’iceberg di una guerra senza esclusione di colpi contro il sindacalismo conflittuale e in particolare il SI Cobas: dal “cordone sanitario” messo in piedi il 14 giugno a Napoli dalla Questura per impedire la nostra partecipazione alla manifestazione dei metalmeccanici ai ripetuti agguati avvenuti alla Gruccia Creations di Prato contro gli operai in sciopero attraverso una “santa alleanza” tra poliziotti e picchiatori privati al servizio dei padroni del distretto cinese, fino ad arrivare alla Bellentani (ancora Modena) laddove il padrone ha assunto direttamente una squadra via di mercenari per provocare ed aggredire i nostri iscritti all’interno dell’azienda…

Lo abbiamo affermato già in tempi non sospetti: la crisi spinge la borghesia e il loro stato a gettare la maschera e a liberarsi di ogni orpello democratico pur di mantenere intatto il loro dominio su milioni di lavoratori e sull’intera società, e questa tendenza porta inevitabilmente a sostituire lo “stato di diritto” con lo stato di polizia al fine di schiacciare ogni resistenza e ogni opposizione operaia.
D’altronde, in queste ore ci ha pensato il “signor” Barbagallo, il mister 300 mila euro l’anno segretario della Uil, a chiarire i termini della questione: per evitare danni ai suoi poveri amici padroni, l’unico sciopero consentito dovrà essere quello “virtuale”, vale a dire che se un operaio è sfruttato, affamato o ricattato, potrà scioperare solo… andando ugualmente a lavorare ma senza essere pagato. Il tutto, precisa il signor 300 mila euro l’anno, “per fermare quei facinorosi dei sindacati di base”…

Che un orrore del genere provenga non dalle menti di un esponente del governo, bensì da un autorevole esponente del cosiddetto “fronte democratico” e antisalviniano di professione, la dice lunga sul fatto come la posta in palio delle dispute elettorali e dei finti scioperi della triplice confederale verta solo ed unicamente sul nome e sulla tinteggiatura esteriore dei musicanti, mentre lo spartito resta sempre lo stesso. Non è un caso che questi personaggi, sempre puntuali a lagnarsi in parlamento o sulla stampa per le malefatte del governo, fuori ai cancelli in cui si consuma quotidianamente la mattanza dei diritti sul lavoro, non si vedono mai: ciò non ci sorprende, se è vero che la cosiddetta “sinistra” è stata artefice e complice dell’attacco ai diritti dei lavoratori ben prima (e talvolta ancor più) di Salvini.

Ma fuori ai cancelli non si vedono neanche le “anime belle” del M5S, quelle che pur di raccattare qualche consenso si spacciano per amiche dei lavoratori e fanno persino (sic!) interrogazioni parlamentari contro il caporalato o lo “scandalo Italpizza”, per poi abbassare la testa un minuto dopo e continuare a dire signorsi a ogni provvedimento reazionario del duo Di Maio-Salvini.

La nostra denuncia condotta dal SI Cobas al consiglio Comunale di Modena non è stata contro questo o quel partito o amministrazione, quanto contro il sistema nel suo complesso: un sistema fondato sullo sfruttamento che, come una piovra, ha i suoi tentacoli ben affondati nell’intero arco politico-istituzionale.

La lotta in Italpizza contro la contrattazione pirata e i salari differenziati prosegue, malgrado la Cgil col suo ennesimo voltafaccia abbia abbandonato lo sciopero andandosi a sedere a un tavolo di trattativa che non ha prodotto nulla.

La lotta prosegue non perché lo decide il SI Cobas, ma perché le leonesse di Italpizza che sono in prima fila da mesi fuori ai cancelli meritano un esistenza di gran lunga più dignitosa di quella schiavitù che finora le hanno prospettato padroni, politici e sindacati collusi. Con buona pace del SAP e delle nostalgie del ventennio che continuano albergare in buona parte della Questura di Modena.

SI Cobas nazionale

Acora abusi di poliza a Italpizza.

Da una parte le burocrazie dei sindacati confederali, che sui giornali locali provano a smerciare il ritorno alle “normali” relazioni capitale/lavoro sulla vertenza Italpizza, dall’altra la situazione reale fuori dai cancelli dell’azienda, con il reparto celere ormai presenza fissa e da inserire nella voce “consulenze esterne” per la continuità produttiva.

Mentre prosegue la “trattativa” nella sede di Confindustria di Modena, che questo lunedì ha registrato un “vertice” composto da Italpizza, dalle cooperative Cofamo (Mazzetti) e Evologica (Fiorini), dalla stessa Confindustria e dai sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, nella mattinata di ieri, fuori dai cancelli dell’azienda presidiati da un’imponente schieramento di forze dell’ordine, sono tornati a farsi sentire direttamente i lavoratori.

Mentre si parla (sui giornali) di “applicazione del contratto alimentaristi, rispetto dei diritti sindacali, sicurezza sul lavoro e orari” nonché di aumenti economici in busta paga fino «al raggiungimento della retribuzione del contratto dell’industria alimentare, per poi passare alla completa applicazione del contratto» (cioè le stesse richieste portate avanti dal SiCobas escluso da ogni tavolo di trattativa), davanti ai cancelli la polizia prima forzava il picchetto dei lavoratori per poi, a freddo, fermare in questa maniera (vedi video) e portare in questura un delegato sindacale.

Sindacalista poi rilasciato quasi immediatamente.

Il mese scorso era toccato a Simone, coordinatore S.I. Cobas di Bologna – scrivono in una nota dallo stesso sindacatopestato da 6 agenti che, mentre lo tenevano fermo gli hanno sferrato una ginocchiata al petto, fratturandogli quattro costole.

È andata meglio oggi a Marcello, uno dei coordinatori di Modena, preso e portato in questura mentre tentava di calmare gli animi, nonostante le provocazioni della celere contro gli operai. Mentre era immobilizzato dietro la camionetta, un carabiniere (visibile nel video) lo ha afferrato per il collo, strangolandolo, mentre gli diceva “ti conosciamo, stai attento che finisci male”.

Questo è il modello di “relazioni sindacali” che si vuole imporre a Modena, questo il risultato concreto degli accordi tra azienda e sindacati confederali per escludere il S.I. Cobas.

La libertà sindacale o è per tutti, o non è.

Inoltre sembra che, sempre nella giornata di ieri, siano iniziati i lavori preliminari per l’ampiamento dello stabilimento industriale di San Donnino. Ampliamento previsto in deroga agli strumenti urbanistici regolari e “sbloccato” dal cosiddetto decreto “sblocca Modena” approvato dal consiglio comunale nel febbraio del 2018. In pratica si trattava di dare il via libera a costruire bypassando di fatto, per superficie e densità (nei documenti comunali si parla di  1.750 metri quadri), i piani regolatori previsti dalle discipline urbanistiche della zona.

Infine, mentre anche oggi prosegue lo sciopero davanti ai cancelli di Italpizza, si moltiplicano le iniziative di solidarietà a sostegno dei lavoratori e delle lavoratrici in lotta. Giusto questa domenica, infatti, il movimento Nonunadimeno Modena ha organizzato una cena a loro sostegno al parco XXII Aprile. I dettagli qua.

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Tre giorni di sciopero al Salumificio Bellentani di Vignola

Riprende lo sciopero al comparto carni di Vignola. Dopo le prime lotte sindacali i padroni provano a cambiare i rapporti di forza.

La ditta Bellentani, salumificio facente parte del gruppo Citterio, era stata al centro delle prime lotte sindacali del SiCobas. Lavoratori e lavoratrici si erano battute sia per l’applicazione del contratto alimentare sia denunciando le numerose irregolarità nel cantiere produttivo. Continua a leggere Tre giorni di sciopero al Salumificio Bellentani di Vignola