“Sblocca cantieri” un’analisi che parte dal territorio.

Ha creato qualche timido allarme il primo sì al cosiddetto decreto «Sblocca cantieri» da parte del Senato. Eppure, senza dover tornare per forza alla «Legge Obiettivo» del 2001 (governo Berlusconi) definita «criminogena» dal presidente dell’Autorità anticorruzione, l’ultimo decreto in materia, lo «Sblocca Italia» di Renzi, che ne richiama anche il lessico, risaliva a soli cinque anni fa.

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Da linkiesta.

 

Come mai tutta questa “urgenza”? Come Senza Quartiere abbozziamo una riflessione che prende le mosse proprio dal nostro territorio.

Prima di analizzare la valenza dei punti del codice degli appalti che subiranno delle modifiche attraverso il superemendamento del decreto legge sblocca cantieri, è utile affrontare un ragionamento che si muova dal particolare all’universale, ovvero che parta da una narrazione locale e che arrivi ad un racconto più generale. Il punto di partenza in questo ragionamento è la nostra regione, l’Emilia Romagna, e in particolar modo la provincia di Modena.

Un territorio di eccellenze e di primati. E se proprio vogliamo basare il nostro ragionamento sulla leadership del nostro territorio, facciamolo pure. E partiamo da tre dati: la nostra regione si posiziona al terzo posto per lavoratori irregolari, al quarto posto per riciclaggio e al quinto posto per numero di interdittive antimafia.

L’anno è lungo e le possibilità di scalare la classifica ci sono tutte. Non disperate, però. Esiste un elemento che fa sfrecciare la nostra regione in cima alla classifica: è in Emilia Romagna, infatti,  che si è svolto il processo Aemilia che, con i suoi 217 imputati, è il primo maxiprocesso contro un’organizzazione criminale di stampo mafioso che si sia mai svolto al nord Italia. Ed è proprio grazie a questo procedimento penale che abbiamo avuto modo di conoscere il cosiddetto “sistema Emilia”, un sistema criminale integrato all’interno del quale la mafia sembra assumere un ruolo quasi marginale, divenendo l’ultimo anello (e dunque quello più sacrificabile) di una catena che trova negli imprenditori e nei colletti bianchi i propri “dei ex machina”.

L’emblema di questo sistema è stato raccontato durante le udienze del processo e trova in un personaggio la propria concretizzazione. Stiamo parlando di Augusto Bianchini, imprenditore modenese condannato in primo grado per concorso esterno, abuso d’ufficio, false fatturazioni. Ed ecco che ritorna un altro primato per la nostra regione: Augusto Bianchini, infatti, viene condannato anche per il reato di caporalato. E’ una delle prime condanne per questo reato in tutta Italia.

Il suo nome è emblematico perché ben si lega ai ragionamenti che in questi giorni si stanno sviluppando intorno al decreto legge sblocca cantieri e alle modifiche che verranno apportate al codice degli appalti. E’ il 2012 e l’Emilia Romagna viene colpita da un violentissimo terremoto. Le zone più devastate sono proprio quelle in cui vive e opera l’imprenditore Bianchini che, con la propria ditta, diventerà uno dei protagonisti principali della ricostruzione post-sisma. E’ proprio in questo periodo che si sviluppa un altro sistema, “il sistema Finale Emilia” che ha quattro protagonisti: un imprenditore (Bianchini) descritto nelle carte processuali come “fondamentale strumento per le mafie per muoversi nell’ambito degli appalti pubblici“. Bianchini risulta infatti avere tutte le caratteristiche necessarie per una buona collaborazione con l’organizzazione criminale: perfettamente inserito all’interno della realtà economica e sociale del luogo, l’imprenditore modenese gode anche di un ottimo legame con il mondo delle cooperative (che non guasta mai) e soprattutto con le amministrazioni locali.

Qui si inserisce il secondo personaggio, Giulio Gerrini, Responsabile dell’Area Lavori Pubblici e Servizio Manutenzione del Comune di Finale Emilia. Gerrini, in seguito al terremoto, vede concentrate nelle proprie mani una serie di attribuzioni in materia di lavori pubblici che ne faranno vero e proprio centro monocratico di potere. Questo ruolo lo porterà ad adottare una sistematica serie di favoritismi nell’aggiudicazione di numerosi appalti nei confronti della ditta di Augusto Bianchini, il quale nel frattempo si è fatto affiancare da Michele Bolognino, condannato a quasi quarant’anni di carcere (tra rito ordinario e abbreviato) in quanto ritenuto uno dei capi dell’organizzazione ‘ndranghetista emiliana e Lauro Alleluia, personaggio campano condannato a 9 anni di reclusione.

Grazie a questo schema, la  Bianchini diviene una delle ditte più attive nell’ambito della ricostruzione, aggiudicandosi numerosi appalti. Come? Attraverso due pratiche: l’affidamento diretto e il sistematico frazionamento di un appalto. L’affidamento diretto è quella pratica che permette, appunto, di affidare un lavoro in maniera diretta a una ditta senza passare attraverso la procedura di una gara d’appalto a patto che, però, il prezzo complessivo dei lavori da svolgere non superi i 40.000 euro. Ecco perché la seconda pratica messa in atto con il “sistema Finale” è quella del frazionamento. Un appalto vale più di 40.000 euro ma io voglio comunque affidarlo alla Bianchini Costruzioni? Nessun problema, spacchetto l’appalto e affido in maniera diretta ogni singolo lotto alla ditta. Perché raccontare, in questo contesto, la storia di Bianchini?

Perché, con il senno del poi, si può dire che l’imprenditore modenese sia stato solo sfortunato o che, semplicemente, non abbia azzeccato le tempistiche.

Con il decreto legge sblocca cantieri e con il superemendamento approvato in Senato, infatti, il tetto massimo per l’affidamento diretto sale da 40.000 a 150.000 euro. Avesse aspettato un attimino, Gerrini non avrebbe dovuto perdere tempo a spacchettare ogni singolo appalto in “miniappalti” da 40.000 euro ciascuno e tutto si sarebbe svolto nel pieno della legalità. Tanto amata e venerata nel nostro territorio.  Un consiglio per tutti i colletti bianchi e per gli imprenditori che da anni fanno affari con le mafie emiliane: aspettate un altro po’ e non abbiate la fretta che ha avuto Bianchini.

Con lo sblocca cantieri ci sono importanti novità, infatti, anche per il subappalto: la soglia massima per affidare dei lavori in subappalto sarà del 40%, da calcolare sull’importo totale del contratto e viene eliminato l’obbligo di nominare una terna di subappaltatori.  E siccome sappiamo benissimo come le organizzazioni criminali emiliane preferiscano portare avanti i propri affari in piccoli centri piuttosto che nelle grandi città (vedi Brescello e Sorbolo), consigliamo anche qui di aspettare ancora un momento: i comuni non capoluogo potranno fare gare senza passare attraverso le stazioni appaltanti e, sempre per questi comuni, viene meno l’obbligo di scegliere i commissari responsabili dall’albo Anac.

Spostando il nostro ragionamento da una visione locale a uno sguardo più generale, è utile anche analizzare il peso che il decreto sblocca cantieri ha a livello nazionale. Sono da poco passate le elezioni europee che sin da subito hanno assunto la valenza di una vera e propria spada di Damocle che pendeva sulla testa di un governo che, oggi, tenta attraverso il decreto legge sblocca cantieri di ritrovare una propria stabilità. L’incessante braccio di ferro tra le due componenti governative, tuttavia, cessa immediatamente al suono di una parola: sicurezza.

Ecco qui che il decreto stanzia un fondo da 160 milioni di euro, destinati all’installazione di videocamere di sorveglianza a circuito chiuso negli asili e nelle strutture per anziani e disabili, in modo da garantire una “più ampia tutela”. Nulla di nuovo sotto il sole, saranno d’accordo anche le altre fazioni politiche, soprattutto il Partito Democratico che con le proprie politiche ha da sempre portato avanti un’idea di decoro urbano e sicurezza che andassero di pari passo con una visione orwelliana delle città. Big Brother is watching you.